Biografia di Lorenzo Monaco * don fra' degli angeli degli agnoli *

VITA DI DON LORENZO MONACO DEGLI ANGELI DI FIRENZE pittore

A una persona buona e relligiosa credo io che sia di gran contento il trovarsi alle mani qualche esercizio onorato o di lettere o di musica o di pittura o di altre liberali e mecaniche arti che non siano biasimevoli ma più tosto di utile agl'altri uomini e di giovamento, perciò che dopo i divini uffici si passa onoratamente il tempo col diletto ch'e' si piglia nelle dolci fatiche dei piacevoli esercizii. A che si aggiugne che non solo è stimato e tenuto in pregio dagl'altri- solo che invidiosi non siano e maligni - mentre ch'e' vive, ma che ancora è dopo la morte da tutti gli uomini onorato per l'opere e buon nome che di lui resta a coloro che rimangono. E nel vero chi dispensa il tempo in questa maniera vive in quieta contemplazione e senza molestia alcuna di que' stimoli ambiziosi che negli scioperati et oziosi, che per lo più sono ignoranti, con loro vergogna e danno quasi sempre si veggiono. E se pur avviene che un così fatto virtuoso dai maligni sia talora percosso, può tanto il valore della virtù che il tempo ricuopre e sotterra la malignità de' cattivi, et il virtuoso ne' secoli che suc[c]edono rimane sempre chiaro et illustre. Don Lorenzo dunque, pittore fiorentino, essendo monaco della Relligione di Camaldoli e nel monasterio degl'Angeli (il qual monasterio ebbe il suo principio l'anno 1294 da fra' Guittone d'Arezzo dell'Ordine e Milizia della Vergine Madre di Gesù Cristo, overo, come volgarmente erano i religiosi di quell'Ordine chiamati, de' Frati Gaudenti), attese ne' suoi primi anni con tanto studio al disegno et alla pittura che egli fu poi meritamente in quello esercizio fra i migliori dell'età sua annoverato. Le prime opere di questo monaco pittore, il quale tenne la maniera di Taddeo Gaddi e degl'altri suoi, furono nel suo monasterio degli Agnoli, dove, oltre molte altre cose, dipinse la tavola dell'altar maggiore che ancor oggi nella loro chiesa si vede, la quale fu posta su finita del tutto, come per lettere scritte da basso nel fornimento si può vedere, l'anno 1413. Dipinse similmente don Lorenzo in una tavola che era nel monasterio di San Benedetto del medesimo Ordine di Camaldoli fuor della Porta a Pinti - il quale fu rovinato per l'assedio di Firenze l'anno 1529 - una coronazione di Nostra Donna, sì come aveva anco fatto nella tavola della sua chiesa degl'Angeli; la quale tavola di San Benedetto è oggi nel primo chiostro del detto monasterio degl'Angeli nella capella degl'Alberti a man ritta. In quel medesimo tempo, e forse prima, in S. Trinita di Firenze dipinse a fresco la capella e la tavola degl'Ardinghelli, che in quel tempo fu molto lodata, dove fece di naturale il ritratto di Dante e del Petrarca. In S. Piero Maggiore dipinse la capella de' Fioravanti, et in una capella di S. Piero Scheraggio dipinse la tavola, e nella detta chiesa di S. Trinita la capella de' Bartolini. In S. Iacopo sopra Arno si vede anco una tavola di sua mano molto ben lavorata e condotta con infinita diligenza secondo la maniera di que' tempi. Similmente nella Certosa fuor di Fiorenza dipinse alcune cose con buona pratica, et in S. Michele di Pisa, monasterio dell'Ordine suo, alcune tavole che sono ragionevoli; et in Firenze nella chiesa de' Romiti pur di Camaldoli (che oggi, essendo rovinata insieme col monasterio, ha rilasciato solamente il nome a quella parte di là d'Arno che dal nome di quel santo luogo si chiama Camaldoli) oltre a molte altre cose fece un Crucifisso in tavola et un S. Giovanni che furono tenuti bellissimi. Finalmente, infermatosi d'una postema crudele che lo tenne oppresso molti mesi, si morì d'anni cinquantacinque e fu da' suoi monaci, come le sue virtù meritavano, onoratamente nel capitolo del loro monasterio sotterrato. E perché spesso, come la sperienza ne dimostra, da un solo germe col tempo mediante lo studio et ingegno degl'uomini ne surgono molti, nel detto monasterio degl'Angeli dove sempre per adietro attesero i monaci alla pittura et al disegno, non solo il detto don Lorenzo fu eccellente in fra di loro, ma vi fiorirono ancora per lungo spazio di molti anni, e prima e poi, uomini ecc[ellenti] nelle cose del disegno. Onde non mi pare da passare in niun modo con silenzio un don Iacopo fiorentino che fu molto inanzi al detto don Lorenzo, perciò che, come fu ottimo e costumatissimo religioso, così fu il miglior scrittore di lettere grosse che fusse prima o sia stato poi non solo in Toscana ma in tutta Europa, come chiaramente ne dimostrano non solo i venti pezzi grandissimi di libri da coro che egli lasciò nel suo monasterio, che sono i più belli quanto allo scritto e ‘ maggiori che siano forse in Italia, ma infiniti altri ancora che in Roma et in Vinezia et iùmolti altri luoghi si ritruovano, e massimamente in S. Michele et in S. Matia di Murano, monasterio della sua Relligione camaldolense. Per le quali opere meritò questo buon padre, molti e molti anni poi che fu passato a miglior vita, non pure che don Paulo Orlandini, monaco dottissimo nel medesimo monasterio, lo celebrasse con molti versi latini, ma che ancora fusse, come è, la sua man destra, con che scrisse i detti libri, in un tabernacolo serbata con molta venerazione insieme con quella d'un altro monaco chiamato don Silvestro, il quale non meno eccellentemente - per quanto portò la condizione di que' tempi - miniò i detti libri che gl'avesse scritti don Iacopo. Et io che molte volte gli ho veduti, resto maravigliato che fussero condotti con tanto disegno e con tanta diligenza in que' tempi che tutte l'arti del disegno erano poco meno che perdute, perciò che furono l'opere di questi monaci intorno agl'anni di nostra salute 1350, e poco prima e poi, come in ciascuno di detti libri si vede. Dicesi, et ancora alcuni vecchi se ne ricordano, che quando papa Leone X venne a Firenze, egli volle vedere e molto ben considerare i detti libri, ricordandosi avergli udito molto lodare al magnifico Lorenzo de' Medici suo padre; e che poi che gli ebbe con attenzione guardati et ammirati mentre stavano tutti aperti sopra le prospere del coro, disse: "Se fussero secondo la Chiesa Romana e non, come sono, secondo l'Ordine monastico e uso di Camaldoli, ne vorremmo alcuni pezzi, dando giusta ricompensa ai monaci, per S. Piero di Roma": dove già n'erano, e forse ne sono, due altri di mano de' medesimi monaci molto belli. Sono nel medesimo monasterio degl'Angeli molti ricami antichi, lavorati con molto bella maniera e con molto disegno dai padri antichi di quel luogo mentre stavano in perpetua clausura col nome non di monaci ma di romiti, senza uscir mai del monasterio, nella guisa che fanno le suore e monache de' tempi nostri; la quale clausura durò insino all'anno 1470. Ma per tornare a don Lorenzo, insegnò costui a Francesco Fiorentino, il quale dopo la morte sua fece il tabernacolo che è in sul canto di S. Maria Novella, in capo alla via della Scala per andare alla sala del Papa; et a un altro discepolo, che fu pisano, il quale dipinse nella chiesa di S. Francesco di Pisa alla capella di Rutilio di ser Baccio Maggiolini, la Nostra Donna, un S. Piero, S. Giovanni Battista, S. Francesco e S. Ranieri, con tre storie di figure piccole nella predella dell'altare: la qual opera, che fu fatta nel 1415, per cosa lavorata a tempera fu tenuta ragionevole. Nel nostro libro de' disegni ho di mano di don Lorenzo le Virtù teologiche, fatte di chiaroscuro con buon disegno e bella e graziosa maniera, intantoché sono per avventura migliori che i disegni di qualsivoglia altro maestro di que' tempi. Fu ragionevole dipintore ne' tempi di don Lorenzo Antonio Vite da Pistoia, il qual dipinse oltre molte altre cose, come s'è detto nello Starnina, nel palaz[z]o del Ceppo di Prato la vita di Francesco di Marco, fondatore di quel luogo pio.

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