Biografia di Taddeo Bartoli

VITA DI TADDEO BARTOLI pittore

Meritano quegli artefici che per guadagnarsi nome si mettono a molte fatiche nella pittura, che l'opere loro siano poste non in luogo oscuro e disonorato, onde siano, da chi non intende più là che tanto, biasimate, ma in parte che per la nobiltà del luogo, per i lumi e per l'aria possano essere rettamente da ognuno vedute e considerate: come è stata e è ancora l'opera publica della capella che Taddeo Bartoli pittor sanese fece nel Palazzo di Siena alla Signoria. Taddeo dunque nacque di Bartolo di maestro Fredi, il quale fu dipintore nell'età sua mediocre, e dipinse in S. Gimignano nella Pieve, entrando a man sinistra, tutta la facciata d'istorie del Testamento Vecchio, nella quale opera, che invero non fu molto buona, si legge ancor nel mezzo questo epitaffio: A. D. 1356 BARTOLUS MAGISTRI FREDI DE SENIS ME PINXIT. Nel qual tempo bisogna che Bartolo fusse giovane, perché si vede in una tavola fatta pur da lui l'anno 1388 in Santo Agostino della medesima terra, entrando in chiesa per la porta principale a man manca, dove è la Circoncisione di Nostro Signore con certi Santi, che egli ebbe molto miglior maniera così nel disegno come nel colorito, perciò che vi sono alcune teste assai belle, se bene i piedi di quelle figure sono della maniera antica. Et insomma si veggiono molte altre opere di mano di Bartolo per que' paesi. Ma per tornare a Taddeo, essendogli data a fare nella sua patria, come si è detto, la capella del Palazzo della Signoria come al miglior maestro di que' tempi, ella fu da lui con tanta diligenza lavorata e rispetto al luogo tanto onorata e per sì fatta maniera dalla Signoria guiderdonata, che Taddeo n'acrebbe di molto la gloria e la fama sua; onde non solamente fece poi con suo molto onore et utile grandissimo molte tavole nella sua patria, ma fu chiamato con gran favore e dimandato alla Signoria di Siena da Francesco da Carrara signor di Padoa, perché andasse, come fece, a fare alcune cose in quella nobilissima città, dove nell'Arena particolarmente e nel Santo lavorò alcune tavole et altre cose con molta diligenza e con suo molto onore e sodisfazione di quel signore e di tutta la città. Tornato poi in Toscana, lavorò in S. Gimignano una tavola a tempera che tiene della maniera d'Ugolino Sanese, la qual tavola è oggi dietro all'altar maggiore della Pieve e guarda il coro de' preti. Dopo, andato a Siena, non vi dimorò molto che da uno de' Lanfranchi Operaio del Duomo fu chiamato a Pisa, dove trasferitosi fece nella capella della Nunziata, a fresco, quando la Madonna saglie i gradi del tempio, dove in capo il sacerdote l'aspetta in pontificale, molto pulitamente: nel volto del quale sacerdote ritrasse il detto Operaio et appresso a quello se stesso. Finito questo lavoro, il medesimo Operaio gli fece dipignere in Camposanto, sopra la capella, una Nostra Donna incoronata da Gesù Cristo, con molti Angeli in attitudine bellissime e molto ben coloriti. Fece similmente Taddeo, per la capella della sagrestia di S. Francesco di Pisa, in una tavola dipinta a tempera una Nostra Donna et alcuni Santi, mettendovi il nome suo e l'anno ch'ella fu dipinta, che fu l'anno 1394. Et intorno a questi medesimi tempi lavorò in Volterra certe tavole a tempera, et in Monte Uliveto una tavola e nel muro un Inferno a fresco, nel quale seguì l'invenzione di Dante quanto attiene alla divisione de' peccati e forma delle pene, ma nel sito o non seppe o non potette o non volle imitarlo. Mandò ancora in Arezzo una tavola che è in S. Agostino, dove ritrasse papa Gregorio Undecimo, cioè quello che dopo essere stata la corte tante decine d'anni in Francia, la ritornò in Italia. Dopo queste opere ritornatosene a Siena, non vi fece molto lunga stanza perché fu chiamato a lavorare a Perugia nella chiesa di S. Domenico, dove nella capella di S. Caterina dipinse a fresco tutta la vita di essa Santa, et in S. Francesco, a canto alla porta della sagrestia, alcune figure, le quali, ancorché oggi poco si discernino, sono conosciute per di mano di Taddeo, avendo egli tenuto sempre una maniera medesima. Seguendo poco poi la morte di Biroldo signor di Perugia che fu amazzato l'anno 1398, si ritornò Taddeo a Siena; dove lavorando continuamente, attese in modo agli studî dell'arte per farsi valente uomo, che si può affermare, se forse non seguì l'intento suo, che certo non fu per difetto o negligenza che mettesse nel fare, ma sì bene per indisposizione d'un male opilativo che l'assassinò di maniera che non potette conseguire pienamente il suo desiderio. Morì Taddeo, avendo insegnato l'arte a un suo nipote chiamato Domenico, d'anni 59; e le pitture sue furono intorno agl'anni di nostra salute 1410. Lasciò dunque, come si è detto, Domenico Bartoli suo nipote e discepolo, che attendendo all'arte della pittura dipinse con maggiore e migliore pratica, e nelle storie ch'e' fece mostrò molto più copiosità, variandole in diverse cose, che non aveva fatto il zio. Sono nel pellegrinario dello Spedale grande di Siena due storie grandi lavorate in fresco da Domenico, dove e prospettive et altri ornamenti si veggiono assai ingegnosamente composti. Dicesi essere stato Domenico modesto e gentile e d'una singolare amorevolezza e liberalissima cortesia, e che ciò non fece manco onore al nome suo che l'arte stessa della pittura. Furono l'opere di costui intorno agl'anni del Signore 1436; e l'ultime furono, in S. Trinita di Firenze, una tavola dentrovi la Nunziata e, nella chiesa del Carmine, la tavola dell'altar maggiore. Fu ne' medesimi tempi e quasi della medesima maniera, ma fece più chiaro il colorito e le figure più basse, Alvaro di Piero di Portogallo che in Volterra fece più tavole, et in S. Antonio di Pisa n'è una et in altri luoghi altre, che per non essere di molta eccellenza non occorre farne altra memoria. Nel nostro libro è una carta disegnata da Taddeo molto praticamente, nella quale è un Cristo e due Angeli, etc. Fine della Vita di Taddeo Bartoli, etc.

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