Ragionamento Secondo
Sala di Saturno
Principe e Giorgio
G. Questa stanza, dove noi siamo, che risponde alla sala, seguitando, Signor Principe mio, il nostro ragionamento, è la geonologia del padre Cielo, per il quale verranno i rami, che de' loro frutti empieranno di mano in mano di varie figure queste stanze, e, per seguir l'ordine già preso, vi dico che in questo tondo grande di mezzo, con questo spartimento, dove sono queste due storie accompagnate da questi dodici quadri, con quest'ordine di sfondati, e ricinto con maniera stravagante di cornici, si tratterà di Saturno, figliuolo di Cielo e di Vesta.
P. Costui non ebbe egli Opi per moglie, sua sorella, che, secondo ho letto nella geonologia degli Dei del Boccaccio, ne parla molto ampiamente?
G. Signor sì, e di quella ne nacque molti figliuoli, i quali furono divorati da lui, secondo che si legge.
P. Io veggo ch'egli ne mangia, e che assai n'ha intorno divorati, e fra' piedi molti morti; ma perché lo fate voi mesto, pigro, e col capo avvolto, e con quella falce in mano?
G. Per mostrare che, essendo egli padre del Tempo, viene per la vecchiaia a mostrare la pigrizia e la malinconia, che nasce in coloro che si avvicinano alla morte; la falce, che se li fa in mano, è lo instrumento, col quale egli tagliò la possibilità del generare le creature, come s'è detto.
P. Tutto sapeva; ma ditemi chi è quella femmina vestita di tanti vari colori, che gli presenta quel sasso?
G. Signor, quella è Opi, Dea della Terra, la quale è ornata de' colori suoi, avendo partorito Giove, figliuolo di Saturno e di lei, per camparlo che non sia divorato, come gli altri figliuoli, gli presenta un sasso, avendo prima nascoso Giove in luogo che non lo poteva avere.
P. Perché gli fate voi attorno, in quelli quattro angoli, quelle quattro figure? Ditemi che sono.
G. Quel putto, che par nato ora, è finto per l'Infanzia; quell'altro, con atto gagliardo, per la Gioventù; e questo, riposato, per la Virilità; e l'altro più attonito e grave, per la Vecchiezza, dinotando che il tempo consuma tutte queste quattro stagioni, ed in più e meno anni, secondo le complessioni di coloro che nascono, sono più o meno offese e difese dalle costellazioni degli altri pianeti.
P. Questi dodici quadri, dove io veggo queste dodici figure, che abbracciano questi orioli, e che di mano in mano invecchiano, con colori, per il dosso, d'aria, con queste acconciature in capo di alie d'uccelli, ed alle spalle di alie di parpaglioni, mi sarà caro che mi diciate che cosa sono.
G. Queste sono, Signor Principe, le Ore, le quali sono qui dodici, come vi promessi mostrare; queste sono figliuole del Sole e di Croni, che fu chiamato dagli Egizj Oro, e le figliuole Ore, le quali, come dissi, aprono le porte del cielo al nascimento della luce, e per successione il tempo, cioè Saturno, le consuma, nascendo invecchiano, per la notte passano e il dì insieme e le Ore vannosi consumando per il loro spazio il giorno e la notte; così Saturno non solo consuma le Ore i giorni e le notti, ma i mesi e gli anni e tutti i secoli.
P. Tutto sta bene; ma che storia è questa prima in questo quadro, dove io veggo sbarcare di quella nave gente, e riceverle da que' vecchi padri con tanta reverenza e con tanto onore? Che cosa è? Ditemelo, che mi piace molto.
G. Questo dicono che è Saturno, il quale fu dal figliuolo cacciato del regno lui e Opi, e venne in Italia in su quella nave, dove vedete che gli sbarcano, e fu ricevuto da Iano benignamente, e acquistando poi insieme con lui molti regni, e chiamossi quella provincia da loro il Lazio.
P. Questa, che segue, che cosa è?
G. È Saturno e Iano concordi, i quali edificano Saturnia nel detto Lazio, che fino a oggi con le reliquie delle vestigie antiche riserva il medesimo nome postogli dal padre Saturno. E questo è quanto attiene al palco ch'io ho fatto per Saturno.
P. Ho visto tutto; ma queste otto storie che sono in questo fregio tramezzate da queste dieci figure fra una storia e l'altra, vorrei sapere che cosa sono.
G. Sono le medesime azioni di Saturno, che seguitano di sotto, con le qualità delle virtù attribuite alle cose, che storia per storia convengono; in questa prima è quando per il nome di Saturno egli ebbono edificato Saturnia in Roma; poi edificorno Ianiculo, per lassare memoria di Iano, in uno de' sette colli di Roma; nel qual luogo fu fatto da' Romani poi la sepoltura di Numa Pompilio, ed in quello uno erario e serrati i libri della religione.
P. Che storia è quella che segue, dove io veggo Saturno e Iano che dormono, e quelle dua femmine che con le lor veste gli fanno ombra?
G. Signore, queste sono la Libertà e la Quiete, che fanno dolce il sonno dell'età dell'oro, condotta da Saturno in quel luogo, per il buon governo che v'introdusse, non essendo contrarietà nessuna fra l'uno e l'altro, vivendo con letizia e pace, non conoscendo né avarizia, né furto, né termine o confino in fra di loro, ne' campi della terra.
P. Che segue dopo questa?
G. Segue, che per gli effetti buoni di quel secolo, feciono per felice augurio e per perpetua quiete, lo Erario publico accanto alle case di Saturno; e guardi, Vostra Eccellenza, che vi sono figure che esercitano quell'offizio riponendo le facultà comuni di tutti i populi.
P. Io veggo; ma in quest'altra storia, che si batte moneta, che cosa è?
G. È il medesimo Saturno, che insegna loro far le monete stampate di metallo col nome suo, che prima le facevano di pelle di pecora indurate al fuoco, e da una parte è la nave che lo condusse in Italia, nell'altra la testa di Iano con quelle due facce, per memoria che lo raccolse e gli fe' tanto onore.
P. Che storia è quella che segue, dove si libera quelle gente?
G. Quello è Saturno e Opi liberati per le mani di Giove da' Titani, e rimesso nel paterno regno.
P. Atto di gran pietà; ma che segue poi?
G. Segue, che ritornato nel regno e rimasto solo in Italia Iano, volse per il benefizio ricevuto da Saturno, oltre a far chiamare tutta quella regione Saturnia, che fu posseduta da lui, gli fece poi dirizzare altari e far sacrifizi divini, come a Dio; ed ecco là quando e' fa scolpire in quell'altra storia la sua immagine con la falce, per farla adorare.
P. Che altro sacrificio veggo io in quest'ultima storia, che sacrificano que' putti vivi?
G. Dicono che appresso a molte nazioni barbare che immolavano i propri figliuoli a Saturno, che si trova che quando Ercole ebbe vinto Gerione, fece levar via questo costume.
P. Ho inteso sì delle storie del palco e del fregio, e tutto ho visto senza sentir mai interpretazione o similitudine nessuna, secondo l'ordine che avevi preso prima; e perché non facciate più aggiunta d'altre storie, arò caro mi diciate a quello che applicate questo.
G. Eccomi, Signore, che in vero avete ragione; e mi traportava nel dire la continuazione delle storie dipinte, più che l'ordine de' significati. Dico che abbiamo inteso sempre, e così ho sentito dire, Saturno pigliarsi per il Tempo, il quale ci fa nascere e medesimamente morire in tutte le quattro età ed a tutti i punti e minuti dell'ore, le quali tronche dalla falce sua, fa finire il corso della vita de' figliuoli che egli divora, e così ripigliar la vita, quando congiunto con Opi fa nuova generazione. Opi, come Quella sa meglio di me, per gli studi suoi delle lettere greche, è messa da' poeti per la Terra, la quale, in lei seminata la materia, nasce la nuova generazione. Questo è accaduto, e potrebbesi facilmente applicare al nascer comune; ma intendendo, come altre volte ho detto, di voler trattare de' principi grandi, si può dire che gli eroi grandi della illustrissima casa vostra in più tempi sien nati d'Opi, e da Saturno mangiati, sì sieno morti. Onde, per conservare Opi il più che può la generazione in questa illustrissima casa, gli ha rinnovati fino a questo giorno nella linea di Cosimo vecchio ne' maschi, e visto che hanno mancato nel primo ramo, s'ha ripreso vigore nel secondo, e rivestita de' colori di se stessa e de' più vivi e più chiari, ingravidando si vivamente di Saturno, partorisce Giove, il quale lo somigliò, perché viene a proposito, al duca nostro signore in queste storie; il quale, Opi, che l'ha partorito, perché e' non sia divorato da Satumo, gli presenta in cambio di Giove un sasso, denotando che ha generato cosa stabile ed eterna, conciossiaché le pietre dure son materia che vi si intaglia drento ogni sorta di lavoro, e per quelle si conserva più l'antichità e le memorie, che in altra materia, come s'è visto ne' porfidi e ne' diaspri, e ne' cammei, e nelle altre sorte di pietre durissime, le quali, quando sono alle ripe del mare e nelli solinghi scogli, reggono a tutte le percosse dell'acque, de' venti, e degli altri accidenti della fortuna e del tempo; che tale si potrebbe dire del duca nostro, che, per cosa che segua avversa nelle sua azioni dei governi, con la costanza e virtù dell'animo suo resiste e risolve con temperanza a ogni pericolosissimo accidente.
P. Sta tutto bene, seguitate il restante.
G. Dico che l'arrivare doppo il suo esilio Saturno in Italia fuor della nave, e ricevuto da Iano e da' padri antichi, si può facilmente simigliare allo esilio di Clemente, che con la barca uscito fuor delle faticose onde delle tribolazioni e travagli, arrivato a Bologna, congiuntosi con Carlo V imperatore, ed accarezzato da Sua Maestà, lo rimette nel regno, e fermando le cose d'Italia stabilisce il governo e la conservazione di questo stato, facendo Alessandro suo nipote duca di Fiorenza, con dargli madama Margherita sua figliuola per sposa, e lasciare la eredità di questo governo ereditario per linea alla casa de' Medici, dove, ritornato nella patria, edificano Saturnia, che fu la inespugnabile fortezza o castello ch'io mi voglia chiamare, dove era già la porta a Faenza, il qual luogo è saturnino e malinconico, per i pensieri che aggravano coloro che cercano ogni dì mutar governo, sapendo quella per udita quanto le forze d'un principe o d'una repubblica unite, e munite in luoghi murati sieno la quiete de' popoli, ed un'opera santissima di raffrenare gli animi de' volubili; e si vede manifesto che dove prima questa città soleva mutare governo e fare spesso come gli altri pianeti rivoluzione, oggi per il nome di Saturnia ha fatto come la ruota sua, la quale pena a dare la volta al moto tardo, che appena giugne al fine del suo corso con le decine delli anni; e veggalo Vostra Eccellenza, che per li travagli, che sieno seguiti di guerre o motivi di fuorusciti o d'altre cose, che dal 1534 in qua, che la fu da guardarsi, fino al 58 che noi siamo, non ha mai fatto revoluzione nessuna.
P. Voi dite la verità, ma questo edificare Ianucolo arò caro sapere.
G. Questo, Signor Principe, è la memoria onorata che per Iano restò sul monte Ianiculo col nome suo, che fu il lassare de' suoi posteri al mondo l'eterna memoria per l'opera immortale che [fece] Clemente VII nel fare edificare la maravigliosa sagrestia nuova di S. Lorenzo di Fiorenza, e con la divina architettura e nelle vive statue di marmo che sono nelle sepolture di Lorenzo e Giuliano, padri di due papi, e nell'altre di Giuliano duca di Nemours, e di Lorenzo duca d'Urbino, l'uno di Clemente cugino e l'altro nipote, fatte di mano dell'immortalissimo Michelagnolo Buonarroti; e così come nel Ianiculo furon messi i libri di Numa Pompilio, così fe' Sua Santità mettere nella libreria regia di mano del Buonarroto in quel luogo, con ogni superbo adornamento di pietre, di legnami ed intaglio, per onorare tutti i libri rari latini e greci, stati ab antiquo di casa sua, de' quali, fuorchè quelli, non se ne vede se non questi scritti dai propri autori; che non è in tutta Europa sì onorata ed util cosa. L'altra, dove Iano e Saturno dormono, è l'età dell'oro, stata in diversi tempi in Toscana nel governo di Cosimo e Lorenzo Vecchio, ma quella dove la quiete e la libertà facevano ombra alla città di Fiorenza e a tutta Italia fu il pontificato di Lione X, perché ognuno che lo conobbe cavò da lui o assai o poco, e dove la virtù per suo mezzo fiorì tanto; e questa città da quel pontificato cavò tante ricchezze ed entrate, che passarono più di cento cinquanta mila scudi: e così fu il viver tanto lieto, che a ogni povero pareva esser ricco, ed ogni animo ripieno di allegrezza; che seguitò in Fiorenza nel duca Alessandro e fiorì innanzi la guerra di Siena nel duca nostro. P. Tutto conosco esser simile.
G. Ora seguita che questa quiete, che si fa l'erario publico accanto alle case di Saturno: questo è accaduto, che innanzi questo governo la giustizia amministrata da molti, la qual'è dagli interessi particulari impedita, fu per volontà di Dio messa nelle mani d'un solo principe, dove poi ogni timido è fatto ardito, ed ogni dubbio è stato sicuro: e visto che la s'è amministrata, che ne' giudizj non è stato mai tolto il suo a nissuno, e i poveri non sono stati oppressi dai ricchi: dove lo erario è comune per ciascuna parte del batter le monete, per esser cosa bassa e attenente all'erario la passo.
P. Tutto vi viene a proposito: ma questo ritorno di Saturno con Opi al regno di Giove arei desiderio di sapere.
G. Questo non è altro che, mosso a compassione Carlo V di questa travagliata Italia, confermò nel nido paterno il duca Cosimo, dopo la morte del duca Alessandro, ritenendolo in casa, con darli la signora duchessa, madre vostra, in compagnia per isposa, acciò godendo in felicità questo paese, e guardandolo con le forze sue grandissime, per farlo crescere di dominio, gli fa venire sotto il governo l'isola dell'Elba e lo stato di Siena.
P. Ci restano ora i due sacrifizi.
G. Questi sono i sacrosanti eroi fatti dal grande Dio ne' due pontefici sommi di questa casa illustre, i quali hanno fatto nel loro ponticato sacrifizi allo altissimo Dio, non solo padre del tempo, ma delle vite e morti delli uomini, in memoria de' quali oggi per loro facciamo questi ricordi, sacrificandoli queste tante fatiche di questi uomini virtuosi, i quali in quest'opera illustrano dopo morte la fama loro.
P. Restaci ora queste dieci figure che tramezzano le storie de' fregi, se volete dirci niente.
G. Dico che dove edificano Saturnia è la Malinconia con li strumenti fabrili, seste, quadranti, e misure; e dove fabbricano Ianiculo, v'è la Superbia che fabbrica; e dall'altra banda là v'è l'Eternità con istatue, scritture e bronzi; alla storia dell'età d'oro è la Ilarità, o Allegrezza, che rallegrandosi contempla Dio; all'erario comune v'è l'Animo vestito di veste verde, il quale si apre il petto, e mostra il cuore; dove le monete si battono è l'Avarizia, quale serra i tesori ne' luoghi sicuri; l'Astuzia con la face accesa, è dove si rende il regno a Saturno; e la Sagacità è quella, dove i sacrifizi saturnali si celebrano; e la Simulazione e l'Adulazione è nell'ultima, dove si sacrificano i figliuoli; che vengono queste dieci qualità di affetti in Saturno, sendo malinconico, superbo, eterno, allegro, astuto, animoso, avaro, seduttore, sagace e simulatore.
P. Certamente che egli è un pianeto molto tardo e pensoso; poiché, come dicesti, la ruota sua pena a dar la volta ogni trent'anni, più che non fanno gli altri pianeti in spazio minore.
G. Voi dite la verità; ora siamo al fine del palco e del fregio.
P. Ci resta solo a ragionare de' panni d'arazzo, di che avete fatto i cartoni.
G. In questo primo panno è quando Saturno innamorato di Fillira, e che usando con seco gli abbracciamenti di Venere, fu sopraggiunto da Opi sua moglie, e per non esser trovato in peccato si trasformò Saturno in cavallo, che poi di lei ne nacque Chirone centauro, che dal mezzo in su era uomo, e dal mezzo indrieto cavallo, e ove là nel paese, quando la gran Teti gli raccomanda Achille fanciullo, il quale egli nutrì e allevò mirabilmente.
P. Ditemi il suo significato.
G. Il far nascere Chirone di Fillira, perché ammaestri Achille consegnatoli da Teti, si potrebbe applicare a' gravi pensieri che muovono il duca nostro in fare che Vostra Eccellenza sia con diligenza ammaestrato da uomini degni e pieni di dottrina ed ammaestramenti buoni: perché, avendo Quella a governare i populi della sorte importante che sono nel vostro dominio, vi è necessario sapere infinite cose, ancor che io sappia che ne sapete assai, vivendosi oggi da' più con simulazioni ed inganni, che con altri modi; acciò Teti ch'è uscita dall'onde faticose, la quale fece insegnare all'astuto Achille il saper vivere, faccia il medesimo in Vostra Eccellenza.
P. E anche per me ci è qualche cosa; tutto è buono imparare; ora ci resta quest'altro trionfo: or finite.
G. Questo è il trionfo di Saturno, il quale è tirato da due serpenti, e lui sopra il carro ha in su' cantoni di quello a sedere i figliuoli; l'uno è il Serpentario col serpe in mano che si mangia la coda; nell'altro è Vesta, vergine bellissima, con una fiamma in mano; l'altro è Pico re, che fu da Circe converso in uccello chiamato pico; l'altra è Croni sua figliuola che ha le croniche in mano; appiè del carro, fra le ruote, sono i quattro Tempi dell'anno, consumati e destrutti da Saturno; innanzi al carro è la Vita nostra che fugge in aria, e dreto volando con la falce gli corre la Morte; quaggiù sono le Parche, che l'ultima taglia il filo della vita nostra.
P. Il significato suo arò caro intendere.
G. Questo è il padre Saturno, cioè il Tempo, che d'ognuno trionfa consumando ogni vita, ma non già così ogni memoria; avendo la falce in mano mostra l'arme, con le quali ha tagliato le vie alle difficultà. Ha ancora seco il Serpentario, suo figliuolo, il quale ha segnati gli anni del principato del duca, tutti pieni di cose grandi, e di vettorie che ha speso in benifizio comune; e Vesta vergine, infiammata col fuoco della Carità, capo d'ogni sua azione, lo accompagna nel trionfo di Pico suo figliuolo trasformato in uccello da Circe; ed avendo domo le cose terrene e gl'inganni, vola nel cielo con le penne delli scrittori, o alle divine cose, che Croni, con le cronache che ha in mano, ha segnato negli annali i gesti gloriosi, per lasciare a quelli che nascono le grandezze fatte da lui. Le quattro Stagioni, consumate a piè del carro, mostrano che non ha perdonato a occasione, che sia venuta d'ogni tempo, per accrescere, magnificare, ed ingrandire questa illustre casa, riducendola a quella suprema altezza che oggi noi vediamo col fine dell'ultima Parca.
P. Certamente ch'io mi contento assai, e credo anche che chi sentirà queste invenzioni vedrà che avete faticato l'ingegno e la memoria. Ora, poi che qui non abbiamo che ragionare più in questa, vogliamo andare in queste altre camere che seguono, piacendovi?
G. Andiamo, che io sono sempre al piacer vostro, che comentando quelle m'è favor grandissimo il ragionare con Lei.
P. Orsù passiamo all'altra camera, che qui è caldo.