Giornata seconda. Ragionamento quinto. Sala del Signor Giovanni de' Medici

Ragionamento Quinto.
Sala del Signor Giovanni de' Medici.
Principe e Giorgio.

P. Questa è una stanza molto ricca, e copiosa: a chi di casa nostra l'avete voi dedicata?

G. In questa camera mi è parso conveniente rappresentarci la maggior parte dell'onorate azioni del signor Giovanni, avolo di Vostra Eccellenza, ed ho diviso la volta, come la vede, in cinque parti: quattro quadri, che mettono in mezzo questo tondo.

P. Veggo ogni cosa, e mi piace assai; or vorrei mi dichiaraste che voglia significare in questo tondo di mezzo quell'esercito che passa quel fiume.

G. Quando il signor Giovanni così valorosamente passò l'Adda ed il Po, nuotando con l'esercito dreto, nel quale atto mostrò tanto cuore, e pose gl'inimici in tanto timore, che li messe in fuga, temendo la furia di così valoroso capitano.

P. Altra volta mi era stato fatto tutto questo racconto: ma non mi tornava ora così in un tratto a memoria, e certo non si poteva esprimer meglio; il ritratto del cardinale Giulio de' Medici, e del signor Prospero Colonna in su la riva, che significano?

G. Questi stanno con molti altri capitani e signori a veder passare il signor Giovanni così grosso fiume, e, come vede Vostra Eccellenza, da basso sono questi due vecchi ignudi che versano acqua: uno figurato per il Po, e l'altro per l'Adda, mostrando timore, vedendo il valore di questo esercito, che lo passa senza nessun sospetto.

P. Considero che ogni cosa è ottimamente espressa: ma ditemi che significano queste quattro figure, che avete dipinto ne' cantoni che riguardano questo tondo, e che avete voi voluto significare?

G. In quel primo canto ci ho fatto (come vede Vostra Eccellenza) un Marte armato, nel secondo una Bellona, nel terzo una Vittoria che ha in mano un trofeo, e nell'ultimo una Fama, che suona una tromba, le quali tutte virtù a questo signore non mancarono mai.

P. Voi le avete applicate molto bene: ma ditemi, che significa questa breve storia messa in questo quadro con tanti cavalli?

G. Quando il signor Giovanni, a mal grado de' nimici, difese il ponte Rozzo posto fra il Tesino e Biagrassa; e quella figura sì grande di quel vecchio ignudo è fatta per il Tesino.

P. Io me ne sodisfo; vorrei ora sapere la cagione, perché avete lasciato in questi canti questi angoli, ed ancora che mi dichiaraste le Virtù che ci avete dipinte, e particolarmente queste che mettono in mezzo il quadro, del quale aviamo ragionato adesso.

G. Ho lasciato questi angoli, perché mi pareva rendessero più bella questa volta, oltre che mi riquadrano questi quadri grandi; e le Virtù che ci ho figurate son queste: quel giovane, che così animosamente assalta quel leone, l'ho fatto per l'Animosità, la qual si dimostrò grandissima in questo signore.

P. Bene: ma in quest'altro angolo mi ci pare Ercole che scoppia Anteo; non fu anch'egli animoso?

G. Signor sì; ma l'intenzione mia è stata figurarlo per la Forza; or veniamo alla seconda storia del riscatto di S. Secondo, fatto dal signor Giovanni, nella qual'impresa si fece una grandissima zuffa, come Vostra Eccellenza vede, mezza dentro e mezza fuori della terra, la quale apportò grandissimo danno alli nimici.

P. De' fatti egregj di questo signore ho inteso ragionare molte volte, solo mi basta una breve ricordanza; nell'angolo che mette in mezzo il quadro, ci avete fatto un altro Ercole che ammazza l'idra; ditemi, che vuole significare?

G. L'ho finto per l'Audacia, la quale fu cagione delle vittorie di così valoroso signore: e nell'angolo qua a rincontro ci ho fatto l'Onore, vestito all'antica romana con una verga in mano.

P. L'avete molto bene descritto; e certo che il signor Giovanni in tutte le sue azioni fu oltramodo valoroso: ma venite qua alla terza storia, dove il signor Giovanni è circondato da tanti cavalli; che fazione fu questa?

G. Quando il signor Giovanni attorniato da tanto numero di cavalli e soldati, difendendosi così animosamente da loro, prese per forza Caravaggio.

P. Mi piace assai, e piglio grandissima consolazione sentire ricordare tanti e sì notabili fatti del mio avolo: ma ditemi, nell'angolo che mette in mezzo questa storia, quella femmina che fa non so che, mi pare la Fortuna.

G. È, come Vostra Eccellenza dice, la Fortuna, che ha rotti e fracassati gli scogli del mare, sì come con la medesima fortuna e valore fece il signore Giovanni in ogni sua impresa; ed in quest'altro angolo è la Virtù militare, la quale in altro modo non ho meglio saputa dimostrare, che farle fra i piedi un correggiuolo pien d'oro ne' carboni di fuoco, che in quel cimento s'affina.

P. Non si poteva certo mostrar meglio, massime applicandolo a questo signore, il quale quanto più nell'arte militare s'affaticò, tanto più parve si affinasse e ne divenisse più valoroso: ma finite questa quarta ed ultima storia, dove mi pare che aviate ritratto il signor Giovanni, che combatte a campo aperto.

G. Qui è quando il signor Giovanni a campo aperto passò da banda a banda quel cavaliere spagnuolo armato di tutt'armi; dove, come la vede, con grandissimo stupore delli spettatori mostra il tronco della lancia esserli rimasto in mano.

P. Mi par vederlo vivo, in tanto bell'assetto l'avete posto; questa fu una grandissima prova: ma chi è questo giovane così rosso in viso, che avete fatto in quest'angolo?

G. Questo, Signore, è il Furore, e l'ho dipinto scatenato; in quell'altr'angolo mi è parso farci l'Impeto.

P. Ditemi, come l'avete voi figurato? Non l'intendo così bene.

G. L'ho fatto a uso di vento, il quale sofffa con tant'impeto, che, donde passa, rovini e fracassi edifizi.

P. Lo scompartimento di questa volta è così ricco, quanto altro che fin ad ora aviamo veduto, ed in particolare avete molto bene accomodate queste armi di casa Medici e Salviati; perché avete voi messo l'incontro a queste l'arme di casa Sforza?

G. Perché Giovanni padre del signor Giovanni ebbe per moglie Caterina Sforza, come la sa, e ci ho dipinti questi trofei per abbellimento e maggior vaghezza di questa stanza.

P. Benissimo; dichiaratemi questi tondi sostenuti da que' putti di basso rilievo sotto queste storie, ove sono que' ritratti, e fra gli altri in questo mi par vedere Giovanni di Pierfrancesco de' Medici, padre del signor Giovanni.

G. Vostra Eccellenza l'ha cognosciuto benissimo, e quest'altro qua al dirimpetto è il signore Giovanni.

P. Lo riconoscevo da me, sì come in quest'altro riconosco la signora Maria, figliuola di Iacopo Salviati, madre del duca mio signore: ma in quest'ultimo qua non raffiguro quel giovanetto.

G. Quello è il signor Cosimo, padre di Vostra Eccellenza, e figliuolo del signor Giovanni, ritratto a punto sei anni avanti che fusse fatto duca.

P. Si riconosce bene un poco l'aria, ma non mi sovveniva, perché ho veduti pochi suoi ritratti di quell'età; e tanto più che Sua Eccellenza ogni giorno è andata molto variando l'effigie; ma ditemi, perché vi sete voi affaticato fare quaggiù basso nelle facciate queste storie, sapendo voi che hanno andar parate o di panni d'arazzo, o d'altro?

G. Signore, io l'ho fatto per accompagnare la sala di Leone e di Clemente, ed anco se piacesse a Sua Eccellenza di volersene servire qualche volta, così possa.

P. Voi dite il vero; ma cominciate un poco a dichiararmi questa facciata, dove veggo non so che ponte ed il signor Giovanni; fece egli tutte le sue bravure e imprese su per li ponti?

G. Questo, Signore, è il ritratto al naturale del ponte di Sant'Agnolo di Roma, come stava avanti al sacco, sul quale il signor Giovanni fece una grandissima pruova, essendo assaltato dagli Orsini con più di dugento persone armate sopra questo ponte, egli solamente con dieci valorosi soldati, che aveva seco, passò per forza senza danno alcuno, e ritiratosi poi mostrò la bravura dell'animo suo.

P. Altre volte ho sentito questo fatto raccontare, e certamente l'avete espresso bene: ditemi che impresa di suo avete voi fatta in quest'altra storietta, dove veggo un altro ponte?

G. Signore, è Pontevico, dove così impetuosamente assalì il nimico, mentre marciava, e tolse loro vettovaglia, e ne fece prigioni; ed in quest'altra simile ci è la presa di Milano, nella quale il signor Giovanni prese così valorosamente una torre da sé, espugnandola per forza come la vede.

P. Comprendo quanto dite. Dichiaratemi quest'ultima, ed aremo finito questa stanza; voglio mi diciate poi una cosa, della quale dovevo domandarne in principio, ma non mi è sovvenuta prima.

G. Io seguirò: ma se la vuole ch'io le dica prima quello che desidera saper da me, lo farò volentieri; e non ci restando in questa stanza altro, si potrà finir poi.

P. Ditemi pure, che ve ne domanderò dopo che arete finito.

G. Ci ho dipinto, quando il signor Giovanni con il suo esercito scompigliò e messe in fuga, come la vede qui, sei mila Grigioni venuti in sul Bresciano.

P. Mi piace; non vi domando così minutamente d'ogni cosa, sendo storie fresche, massimo che di queste ne ho avuto più particolar contezza che dell'altre, le quali avete dipinte nelle stanze che aviamo vedute. Ora da voi voglio sapere come avete fatto a dipignere in queste volte a olio, e per che cagione voi l'abbiate fatto.

G. Signore, io ho fatto dare di certa mistura in su le volte sopra la calcina, la quale spiana benissimo, poi ci ho dato sopra d'imprimitura, e ci ho dipinto a olio benissimo, come la vede.

P. Sta bene: ma perché l'avete fatto? Non stavano meglio a fresco?

G. L'ho fatto, Signore, perché mi è parso che l'abbiano più corrispondenza con i palchi, li quali son fatti a olio, come l'ha veduto, ed avendo a esser tutto questo uno appartamento, ho voluto farlo simile anco nella pittura.

P. Son satisfatto assai d'ogni cosa, massime che non aviamo lasciato addrieto cosa alcuna: solo vorrei sapere che sedia è quella così stravagante, ed a che ve ne siate voi servito.

G. Se io non avessi trovato l'invenzione di questa sedia, difficilmente arei potuto lavorare in queste volte; perché, come la vede, ella ha la spalliera piana, dove io e sedeva ed appoggiava il capo.

P. Avete fatto saviamente, che vi sareste troppo stracco, massime che non sete oramai giovane; ma sonci più stanze?

G. Un'altra: Vostra Eccellenza passi, che le dirò, sì come dell'altre, a chi l'ho dedicata.

P. Io veggo così volentieri ogni cosa, che non mi pare averci consumato niente di tempo; andiamo pure.

<< prec succ >>

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