VITA DI GIOVANNI DA PONTE pittore fiorentino
Se bene non è vero il proverbio antico né da fidarsene molto che a goditore non manca mai roba, ma sì bene in contrario è verissimo che chi non vive ordinatamente nel grado suo, in ultimo stentando vive e muore miseramente, si vede nondimeno che la fortuna aiuta alcuna volta più tosto coloro che gettano senza ritegno che coloro che sono in tutte le cose assegnati e ratenuti. E quando manca il favore della fortuna, suplisce molte volte al difetto di lei e del mal governo degli uomini la morte, sopravenendo quando apunto cominciarebbono cotali uomini con infinita noia a conoscere quanto sia misera cosa avere sguazzato da giovane e stentare in vecchiezza, poveramente vivendo e faticando: come sarebbe avvenuto a Giovanni da Santo Stefano a Ponte di Fiorenza, se, dopo avere consumato il patrimonio, molti guadagni che gli fece venire nelle mani più tosto la fortuna che i meriti, e alcune eredità che gli vennero da non pensato luogo, non avesse finito in un medesimo tempo il corso della vita e tutte le facultà. Costui dunque - che fu discepolo di Bonamico Buffalmacco e l'immitò più nell'attendere alle commodità del mondo che nel cercare di farsi valente pittore - essendo nato l'anno 1307 e, giovanetto, stato discepolo di Buffalmacco, fece le sue prime opere nella Pieve d'Empoli a fresco, nella capella di San Lorenzo, dipignendovi molte storie della vita d'esso Santo con tanta diligenza, che sperandosi dopo tanto principio miglior mezzo, fu condotto l'anno 1344 in Arezzo, dove in San Francesco lavorò in una cappella l'Assunta di Nostra Donna. E poco poi, essendo in qualche credito in quella città per carestia d'altri pittori, dipinse nella Pieve la capella di Santo Onofrio e quella di Santo Antonio, che oggi dalla umidità è guasta. Fece ancora alcune altre pitture che erano in Santa Iustina et in S. Matteo, che con le dette chiese furono mandate per terra nel far fortificare il duca Cosimo quella città, quando in quel luogo apunto fu trovato a piè della coscia d'un ponte antico - dove allato a detta Santa Giustina entrava il fiume nella città - una testa d'Appio Cieco et una del figliuolo di marmo bellissime con uno epitaffio antico e similmente bellissimo, che oggi sono in guardaroba di detto signor Duca. Essendo poi tornato Giovanni a Firenze in quel tempo che si finì di serrare l'arco di mezzo del Ponte a S. Trinita, dipinse in una cappella, fatta sopra una pila e intitolata a S. Michelagnolo, dentro e fuori molte figure, e particolarmente tutta la facciata dinanzi; la qual capella insieme col ponte dal diluvio dell'anno 1557 fu portata via Mediante le quali opere vogliono alcuni, oltre a quello che si è detto di lui nel principio, ch'e' fusse poi sempre chiamato Giovanni dal Ponte. In Pisa ancora l'anno 1355 fece in San Paulo a Ripa d'Arno alcune storie a fresco nella capella maggiore dietro all'altare, oggi tutte guaste dall'umido e dal tempo. È parimente opera di Giovanni in Santa Trinita di Fiorenza la capella degli Scali e un'altra che è allato a quella, e una delle storie di San Paulo accanto alla capella maggiore dov'è il sepolcro di maestro Paulo strolago. In Santo Stefano al Ponte Vecchio fece una tavola, et altre pitture a tempera et in fresco per Fiorenza e fuori che gli diedero credito assai. Contentò costui gl'amici suoi, ma più nei piaceri che nell'opere, e fu amico delle persone letterate e particolarmente di tutti quelli che per venire eccellenti nella sua professione frequentavano gli studii di quella: e se bene non aveva cercato d'avere in sé quello che desiderava in altrui, non restava però di confortar gli altri a virtuosamente operare. Essendo finalmente Giovanni vivuto LIX anni, di mal di petto in pochi giorni uscì di questa vita, nella quale, poco più che dimorato fusse, averebbe patito molti incommodi, essendogli appena rimaso tanto in casa che bastasse a dargli onesta sepoltura in Santo Stefano dal Ponte Vecchio. Furono l'opere sue intorno al MCCCLXV. Nel nostro libro de' disegni di diversi antichi e moderni è un disegno d'acquerello di mano di Giovanni, dove è un San Giorgio a cavallo che occide il serpente et un'ossatura di morto che fanno fede del modo e maniera che aveva costui nel disegnare. Il fine della Vita di Giovanni.