Cap. XXXIIII
Della tausìa, cioè lavoro a la damaschina.
Hanno ancora i moderni, ad imitazione degli antichi, rinvenuto una spezie di commettere ne' metalli intagliati d'argento o d'oro, faccendo in essi lavori piani o di mez[z]o o di basso rilievo, et in ciò grandemente gli hanno avanzati. E così abbiamo veduto nello acciaio l'opere intagliate a la tausìa, altrimenti detta a la damaschina per lavorarsi di ciò in Damasco e per tutto il Levante eccellentemente. Laonde veggiamo oggi dimolti bronzi et ottoni e rami commessi di argento et oro con arabeschi, venuti di tali paesi; e negli antichi abbiamo veduto anelli d'acciaio con mezze figure suvi e fogliami. E di questa spezie di lavoro se ne sono fatte a' dì nostri armadure da combattere lavorate tutte d'arabeschi d'oro commessi, e similmente staffe, arcioni di selle e mazze ferrate, et ora molto si costumano i fornimenti delle spade, de' pugnali, de' coltelli e d'ogni ferro che si voglia riccamente ornare e guernire. E si fa così: cavasi il ferro in sotto squadra e per forza di martello si commette l'oro in quello, fattovi prima sotto una tagliatura a guisa di lima sottile, sì che l'oro viene a entrare ne' cavi di quella et a fermarvisi. Poi con ferri si dintorna o con garbi di foglie o con girare di quel che si vuole, e tutte le cose, co' fili d'oro passati per filiera, si girano per il ferro e col martello s'amaccano e fermano nel modo di sopra. Advertiscasi nientedimeno che i fili siano più grossi et i proffili più sottili, a ciò si fermino meglio in quegli. In questa professione infiniti ingegni hanno fatto cose lodevoli e tenute maravigliose, e però non ho voluto mancare di farne ricordo, dependendo dal commettersi et essendo scultura e pittura, cioè cosa che deriva dal disegno.