VITA DI DUCCIO pittore sanese
Senza dubbio coloro che sono inventori d'alcuna cosa notabile hanno grandissima parte nelle penne di chi scrive l'istorie, e ciò avviene perché sono più osservate e con maggiore maraviglia tenute le prime invenzioni, per lo diletto che seco porta la novità della cosa, che quanti miglioramenti si fanno poi da qualunque si sia nelle cose che si riducono all'ultima perfezzione: attesoché, se mai a niuna cosa non si desse principio, non crescerebbono di miglioramento le parti di mezzo e non verrebbe il fine ottimo e di bellezza maravigliosa. Meritò dunque Duccio, pittore sanese e molto stimato, portare il vanto di quelli che dopo lui sono stati molti anni, avendo nei pavimenti del Duomo di Siena dato principio di marmo ai rimessi delle figure di chiaro e scuro, nelle quali oggi i moderni artefici hanno fatto le maraviglie che in essi si veggono. Attese costui alla immitazione della maniera vecchia e con giudizio sanissimo diede oneste forme alle figure, le quali espresse eccellentissimamente nelle difficultà di tal arte. Egli di sua mano, imitando le pitture di chiaroscuro, ordinò e disegnò i principii del detto pavimento, e nel Duomo fece una tavola, che fu allora messa all'altare maggiore e poi levatane per mettervi il tabernacolo del Corpo di Cristo che al presente vi si vede. In questa tavola, secondo che scrive Lorenzo di Bartolo Ghiberti, era una incoronazione di Nostra Donna lavorata quasi alla maniera greca, ma mescolata assai con la moderna; e perché era così dipinta dalla parte di dietro come dinanzi, essendo il detto altar maggiore spiccato intorno intorno, dalla detta parte di dietro erano con molta diligenza state fatte da Duccio tutte le principali storie del Testamento Nuovo in figure piccole molto belle. Ho cercato sapere dove oggi questa tavola si truovi, ma non ho mai, per molta diligenza che io ci abbia usato, potuto rinvenirla o sapere quello che Francesco di Giorgio scultore ne facesse quando rifece di bronzo il detto tabernacolo e quelli ornamenti di marmo che vi sono. Fece similmente per Siena molte tavole in campo d'oro et una in Fiorenza in S. Trinita, dove è una Nunziata. Dipinse poi moltissime cose in Pisa, in Lucca et in Pistoia per diverse chiese, che tutte furono sommamente lodate e gl'acquistarono nome e utile grandissimo. Finalmente non si sa dove questo Duccio morisse né che parenti, discepoli o facultà lasciasse: basta che, per avere egli lasciato erede l'arte della invenzione della pittura nel marmo di chiaro e scuro, merita per tale benefizio nell'arte comendazione e lode infinita, e che sicuramente si può annoverarlo fra i benefattori che allo esercizio nostro aggiungono grado et ornamento, considerato che coloro i quali vanno investigando le difficultà delle rare invenzioni, hanno eglino ancora la memoria ch'e' lasciano tra l'altre cose maravigliose. Dicono a Siena che Duccio diede l'anno 1348 il disegno della capella che è in piazza nella facciata del palazzo principale, e si legge che visse ne' tempi suoi e fu della medesima patria Moccio scultore et architetto ragionevole, il quale fece molte opere per tutta Toscana, e particolarmente in Arezzo nella chiesa di S. Domenico una sepoltura di marmo per uno de' Cerchi, la quale sepoltura fa sostegno et ornamento all'organo di detta chiesa; e se a qualcuno paresse che ella non fusse molto ecc[ellente] opera, se si considera che egli la fece essendo giovanetto l'anno 1356, ella non sarà se non ragionevole. Servì costui nell'Opera di S. Maria del Fiore per sottoarchitetto e per scultore, lavorando di marmo alcune cose per quella fabrica- et in Arezzo rifece la chiesa di S. Agostino, che era piccola, nella maniera che ell'è oggi, e la spesa fecero gl'eredi di Piero Saccone de' Tarlati, secondo che aveva egli ordinato prima che morisse in Bibbiena, terra del Casentino. E perché Moccio condusse questa chiesa senza volte e caricò il tetto sopra gl'archi delle colonne, egli si mise a un gran pericolo e fu veramente di troppo animo. Il medesimo fece la chiesa e convento di S. Antonio che inanzi all'assedio di Firenze era alla Porta a Faenza e che oggi è del tutto rovinato, e di scultura la Porta di S. Agostino in Ancona, con molte figure et ornamenti simili a quelli che sono alla Porta di S. Francesco della città medesima. Nella quale chiesa di S. Agostino fece anco la sepoltura di fra' Zenone Vigilanti, vescovo e generale dell'Ordine di detto Santo Agostino, e finalmente la loggia de' Mercatanti di quella città, che dopo ha ricevuti, quando per una cagione e quando per un'altra, molti miglioramenti alla moderna et ornamenti di varie sorte. Le quali tutte cose, comeché siano a questi tempi molto meno che ragionevoli, furon allora, secondo il sapere di quegl'uomini, assai lodate. Ma tornando al nostro Duccio, furono l'opere sue intorno agl'anni di nostra salute 1350. Fine della Vita di Duccio pittore sanese.