Biografia di Girolamo da Treviso * Trevigi *

GIROLAMO DA TREVIGI pittore

Rare volte avviene che coloro che nascono in una patria et in quella lavorando perseverano, dalla fortuna siano esaltati a quelle felicità che meritano le virtù loro; dove cercandone molte, finalmente in una si vien riconosciuto, o tardi o per tempo. E molte volte nasce che chi tardi perviene ai ristori delle fatiche, per il tossico della morte poco tempo quelli si gode, nel medesimo modo che vedremo nella Vita di Girolamo da Trevigi pittore, il quale fu tenuto bonissimo maestro: e quantunque egli non avesse un grandissimo disegno, fu coloritor vago nell'olio e nel fresco, et imitava grandemente gli andari di Raffaello da Urbino. Lavorò in Trevigi sua patria; et in Vinegia ancora fece molte opere, e particularmente la facciata della casa di Andrea Udone in fresco, e dentro nel cortile alcuni fregi di fanciulli, et una stanza di sopra. Dimorò molto tempo in Bologna, et in quella lavorò molte pitture; et in San Petronio, nella cappella di Santo Antonio da Padova, di marmo a olio contrafece tutte le storie della vita sua, nelle quali certamente si conosce giudizio, bontà, grazia et una grandissima pulitezza. Fece una tavola a San Salvatore di una Nostra Donna che saglie i gradi con alcuni Santi: cosa veramente la più debole che di suo si vegga in Bologna. Fece ancora sopra un portone vicino alla Sàvena, dentro in Bologna, un Crocifisso, la Nostra Donna e San Giovanni, che sono lodatissimi. Fece in San Domenico di Bologna una tavola a olio di una Madonna et alcuni Santi, la quale è la migliore delle cose sue, vicino al coro nel salire all'arca di San Domenico, dentrovi ritratto il padrone che la fece fare. Similmente colorì un quadro al conte Giovanni Batista Bentivogli, che aveva un cartone di mano di Baldassarre Sanese de la storia de' Magi: cosa che molto bene condusse a perfezzione, ancora che vi fossero più di cento figure. Similmente sono in Bologna di man d'esso molte altre pitture, e per le case e per le chiese; et in Galiera una facciata di chiaro e scuro, di sorte che in quella città aveva fama e credito assaissimo. Andò a Trento, e dipinse al cardinal vecchio il suo palazzo insieme con altri pittori: di che n'acquistò grandissima fama. Ritornato a Bologna, attese all'opere da lui cominciate. Avvenne che per Bologna si diede nome di fare una tavola per lo Spedale della Morte; onde a concorrenza furono fatti varii disegni, chi disegnati e chi coloriti. E parendo a molti essere inanzi, chi per amicizia e chi per merito, di dovere avere tal cosa, restò indietro Girolamo; e parendoli che gli fosse fatto ingiuria, di là a poco tempo si partì di Bologna: onde la invidia altrui lo pose in quel grado di felicità ch'egli non pensò mai, attesoché, se passava inanzi, tale opra gl'impediva il bene che la buona fortuna gli aveva apparecchiato. Per che condottosi in Inghilterra, da alcuni amici suoi che lo favorivano fu preposto al re Arrigo; e giuntogli inanzi, non più per pittore, ma per ingegnere s'accomodò a' servigi suoi. Quivi mostrando alcune prove d'edifici ingegnosi, cavati da altri in Toscana e per Italia, e quel re giudicandoli miracolosi, lo premiò con doni continui e gli ordinò provisione di quattrocento scudi l'anno, e gli diede comodità ch'e' fabbricasse una abitazione onorata alle spese proprie del re. Per il che Girolamo da una estrema calamità a una grandissima grandezza condotto, viveva lietissimo e contento, ringraziando Idio e la fortuna che lo aveva fatto arrivare in un paese dove gli uomini erano sì propizii alle sue virtù. Ma perché poco doveva durargli questa insolita felicità, advenne che continuandosi la guerra tra' Franzesi e gli Inglesi, e Girolamo provedendo a tutte le imprese de' bastioni e delle fortificazioni per le artiglierie e ‘ ripari del campo, un giorno, faccendosi la batteria intorno alla città di Bologna in Piccardia, venne un mez[z]o cannone con violentissima furia, e da cavallo per mez[z]o lo divise; onde in un medesimo tempo la vita e gli onori del mondo insieme con le grandezze sue rimasero estinte, essendo egli nella età degli anni suoi XXXXVI, l'anno MDXLIIII. E non ci è mancato dipoi chi lo abbia indotto a parlare di se stesso, in questa guisa: PICTOR ERAM NEC ERAM PICTORUM GLORIA PARVA, FORMOSASQUE DOMOS CONDERE DOCTUS ERAM. AERE CAVO, SONITU ATQUE INGENTI EMISSA RUINA IGNE A SULPHUREO ME PILA TRANSADIGIT.

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