Biografia di Luca della Robbia

LUCA DELLA ROBIA scultore

Quanti scultori si sono affaticati lavorando, i quali hanno nel loro esercizio fatto di marmo e di bronzo cose lodatissime, poi, trovatosi per la fatica dell'arte dai disagi stanchi e malcondotti, ogni altra cosa hanno fatto più volentieri che la propria arte. Il che adviene il più delle volte perché quando nello stare scioperati cominciano a indurar l'ossa nella infingardaggine, per non chiamarla poltroneria, si intrattengono più volentieri cicalando e beendo al fuoco che intorno ad un marmo, perduto in tutto il vigore dello animo e postposto il nome e la fama che erano per conseguire agli agi et a' diletti folli del mondo. La qual cosa manifestamente si è vista già molte volte ne' cervelli sofistici di alcuni artefici, che ghiribizzando continovamente hanno trovato cose bellissime et invenzioni astrattissime solamente per guadagnare. Ma non così Luca della Robbia scultor fiorentino, il quale s'affaticò nei marmi lavorando molti anni; et avendo una maravigliosa pratica nella terra, la quale diligentissimamente lavorava, trovò il modo di invetriare essa terra col fuoco in una maniera che e' non la potesse offendere né acqua né vento: e riuscitoli tale invenzione, lasciò dopo sé eredi i figliuoli di tal secreto. E così fino al tempo nostro i suoi descendenti hanno lavorato di tal mestiero, e non solo ripiena di ciò tutta la Italia, ma e mandatone ancora in diverse parti del mondo. E di questa invenzione merita egli certo non manco lode che e' si meritasse nella scultura, nella quale grandemente fu celebrato. Dicono molti che Luca della Robia era concorrente di Donatello, e tenuto di grande ingegno ne' tempi suoi. Onde per virtù di questo meritò che gli Operai di Santa Maria del Fiore gli allogassero alcune storiette di marmo, le quali furono poste nel campanile dove sono i principii della Musica, della Filosofia e dell'Arti liberali, nelle quali istoriette acquistò grandemente; per che diè materia di disporre gli Operai sopradetti ad allogarli l'ornamento di marmo dell'organo sopra la sagrestia nuova di Santa Maria del Fiore, nel quale fece egli i cori della musica con diligenza e con sottil magisterio lavorati, dove sono alcune figure che cantano; et ancora che elle siano alte, vi si conosce il gonfiare della gola per lo alito, e le battute in su le spalle da chi regge la musica; et in queste medesime istorie andò imitando e' suoni e ‘ balli con tutti gli affetti simili in cosa per cosa, finendo il tutto molto più pulitamente che non fece Donato stesso, perché si vede in quel di Donato più risoluta pratica e più maestrevole vivezza che non fa perfezzione e finita bontà in quel di Luca; e vedesi negli artefici egregi aver sempre le bozze più forze e vivacità che non ha la fine nelle opere loro, perché il furore dell'arte in un sùbito esprime il concetto dell'animo: il che non può fare la diligenza e la fatica nelle cose pulite. E di maniera acquistò Luca in questa opera di esser tenuto valente, che ottenne il lavoro della porta di bronzo che a essa sagrestia si conveniva; la quale per getto, per bontà e per magisterio merita gran lode. E ghiribiz[z]ando alle cose di terra del lavorar quello invetriato del quale di sopra dicemmo, fece alle due porte sopra ne' mez[z]i tondi una Resurressione et una Ascensione di Cristo con gli Apostoli: laonde, essendo cosa nuova, piacque a' popoli sommamente per la vaghezza di quella. Lavorò ancora alla chiesa di San Piero Buonconsiglio, sotto Mercato Vecchio, sopra la porta uno archetto dentrovi una Nostra Donna con Angeli intorno; e sopra la porta pure d'una chiesina vicina a San Piero Maggiore, in un mez[z]o tondo, fece de' medesimi invetriati una Nostra Donna similmente, con alcun' Angeli intorno di quella: cose che di quella materia sono tenute molto belle dagli artefici. Similmente nel capitolo de' Pazzi in Santa Croce per ordine di Pippo di ser Brunellesco fece tutti gli invetriati, sì di figure come di altre cose, che si veggono e dentro e fuori in detto edifizio. E così alla cappella di San Iacopo in San Miniato fuori di Fiorenza in sul Monte, per la sepoltura del cardinale di Portogallo fece la volta de' medesimi invetriati di terracotta, dentrovi figure; et al re d'Ispagna mandò opere di quella mistura, e figure di tondo rilievo et altri lavori di marmo. A Napoli fece la sepoltura dello Infante fratello del re Alfonso e duca di Calavria, della quale grandissima parte ne lavorò in Fiorenza. Dicono che Luca fu molto costumata e savia persona et alla religione cristiana mirabilmente devoto. Lasciò Andrea suo nipote che nei lavori di terra fu molto pratico e valente, e sempre lavorò invetriati mentre ch'e' visse. Fece una cappella di marmo fuor d'Arezzo a Santa Maria delle Grazie per ornamento di quella devozione. Visse Andrea anni LXXXIII, e lasciò molti figliuoli i quali agli invetriati attendevano similmente come esso; dei quali il minore chiamato Gierolamo fece opre di marmo lodate, e stette per lungo tempo in Francia, et anco Luca suo fratello vi condusse. E per tornare a Luca vecchio, essendo egli d'anni LXXV e fieramente di mal di renella aggravato, non potendo resistere al dolore che tale malattia gli dava, passò di questa a miglior vita; et in San Piero Maggiore da' mestissimi figliuoli fu sotterrato l'anno MCCCCXXX. E col tempo fu onorato con questi versi: TERRA, VIVI PER ME CARA E GRADITA CHE ALLE ACQUE E A' GHIACCI COME IL MARMO INDURI, PERCHÉ QUANTO MEN CEDI O TI MATTURI TANTO PIÙ LA MIA FAMA IN TERRA HA VITA. Ancora che gli invetriati nelle figure di terracotta non siano in istima grandissima, son molto utili e perpetui e necessarii, attesoché dove non possono reggere le pitture o per gli ghiacci o per gli umidi o per i luoghi acquidosi, questa specie di figure serve, come s'è visto al Sasso della Vernia in Casentino, che per tal colpa altro che gli invetriati non restano. Onde Luca della Robia merita somma lode, avendo alla scultura questa parte aggiunta, potendosi con bellezza e con non molta spesa ogni luogo aquatico et umido abbellire.

<< prec succ >>

ritorna all'indice