Introduzione alle tre arti del disegno. Pittura. Cap. XXIX * teoriche *

Cap. XXVIIII
Del musaico de' vetri, et a quello che si conosce il buono e lodato.

Essendo assai largamente detto di sopra nel VI capitolo che cosa sia il musaico e come e' si faccia, continuandone qui quel tanto che è propio della pittura, diciamo che egli è maestria veramente grandissima condurre i suoi pezzi cotanto uniti che egli apparisca di lontano per onorata pittura e bella, attesoché in questa spezie di lavoro bisogna e pratica e giudizio grande con una profondissima intelligenzia nella arte del disegno; perché chi ofusca ne' disegni il musaico con la copia et abbondanza delle troppe figure nelle istorie, con le molte minuterie de' pezzi le confonde. E però bisogna ch'il disegno de' cartoni che per esso si fanno sia aperto, largo, facile, chiaro e di bontà e bella maniera continuato. E chi intende nel disegno la forza degli sbattimenti e del dare pochi lumi et assai scuri, con fare in quegli certe piazze o campi, costui sopra di ogni alt[r]o lo farà bello e bene ordinato. Vuole avere il musaico lodato chiarezza in sé con certa unita scurità verso l'ombre, e vuole essere fatto con grandissima discrezione, l'oc[c]hio lontano a ciò che lo stimi pittura e non tarsia commessa. Laonde i musaici che aranno queste parti saranno buoni e lodati da ciascheduno. E certo è che ‘l musaico è la più durabile pittura che sia, imperò che l'altra col tempo si spegne e questa nello stare fatto di continuo s'accende, et inoltre la pittura manca e si consuma per se medesima, ove il musaico per la sua lunghissima vita si può quasi chiamare eterno. Per il che scorgiamo noi in esso non solo la perfezzione de' maestri vecchi, ma quella ancora degli antichi mediante quelle opere che oggi si riconoscono della età loro. Preparansi adunque i pezzi da farlo in questa maniera: quando le fornaci de' vetri sono disposte e le padelle piene di vetro, se li vanno dando i colori, a ciascuna padella il suo, advertendo sempre che da un chiaro bianco che ha corpo e non è trasparente si conduchino i più scuri di mano in mano, in quella stessa guisa che si fanno le mestiche de' colori per dipignere ordinariamente. Appresso, quando il vetro è cotto e bene stagionato e le mestiche sono condotte e chiare e scure e d'ogni ragione, con certe cucchiaie lunghe di ferro si cava il vetro caldo e si mette in su uno marmo piano, e sopra con uno altro pezzo di marmo si schiaccia pari e se ne fanno rotelle che venghino ugualmente piane e restino di grossezza la terza parte dell'altezza di un dito. Se ne fa poi con una bocca di cane di ferro pezzetti quadri tagl[i]ati, et altri col ferro caldo lo spezzano, incrinandolo a loro modo. I medesimi pezzi diventano lunghi e con uno smeriglio li tagliano; il simile fanno di tutti i vetri che hanno di bisogno, e se n'empiono le scatole e si tengono ordinati come si fa i colori quando si vuole lavorare a fresco, che in varii scodellini si tiene separatamente la mestica delle tinte più chiare e più scure per lavorare. Ècci un'altra specie di vetro che si adopra per lo campo e per i lumi de' panni, che si mette d'oro. Questo quando lo vogl[i]ano dorare, pigliono quelle piastre di vetro ch'àn[n]o fatto, e con acqua di gomma bagnano tutta la piastra del vetro e poi vi mettono sopra i pezzi d'oro. Fatto ciò, mettono la piastra su una pala di ferro e quella nella bocca della fornace, coperta prima con un vetro sottile tutta la piastra di vetro che hanno messa d'oro, e fanno questi coperchî o di bocce o modo di fiaschi spez[z]ati, di maniera che un pezzo cuopra tutta la piastra; e lo tengono tanto nel fuoco che vien quasi rosso, et in un tratto cavandolo, l'oro viene con una presa mirabile a imprimersi nel vetro e fermarsi, e regge alle acque et a ogni tempesta; poi questo si taglia et ordina come l'altro di sopra. E per fermarlo nel muro usano di fare il cartone colorito (alcuni altri senza colore), il quale cartone calcano o segnano a pezzo a pezzo in su lo stucco, e dipoi vanno commettendo appoco appoco quanto vogliono fare nel musaico. Questo stucco, per esser posto grosso in su la opera, gli aspetta duoi dì e quattro, secondo la qualità del tempo; e fassi di trevertino, di calce e mattone pesto, draganti e chiara di uovo, il quale tengono molle continuo con pezze bagnate. Così pezzo per pezzo tagliano i cartoni nel muro e lo disegnano su lo stucco calcandolo, finché poi con certe mollette si pigliano i pezzetti degli smalti e si commettono nello stucco, e si lumeggiano i lumi, e dassi mez[z]i a' mez[z]i e scuri agli scuri, contrafacendo l'ombre, i lumi et i mezzi minutamente, come nel cartone; e così lavorando con diligenzia si conduce a poco a poco a la perfezzione. E chi più lo conduce unito, sì che e' torni pulito e piano, colui è più degno di loda e tenuto da più degli altri. Imperò sono alcuni tanto diligenti al musaico, ch'e' lo conducono di maniera che egli apparisce pittura a fresco. Questo, fatto la presa, indura talmente il vetro nello stucco che dura in infinito, come ne fanno fede i musaici antichi che sono in Roma e quelli che sono vec[c]hi; et anco nell'una e nell'altra parte i moderni ai dì nostri n'hanno fatto del maraviglioso.

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