Biografia di Giovanni Antonio Licinio da Pordenone * licino de Sacchis *

GIOVANNI ANTONIO LICINO DA PORDENONE pittore

Certamente la concorrenzia ne' nostri artefici è uno alimento che gli mantiene: e nel vero, se e' non si pigliasse per obietto di abbattere ogni studioso il suo concorrente, credo certo che i fini nostri sarebbono molto debili nella frequenzia delle continue fatiche; con ciò sia cosa che veggiamo quegli che di ciò si dilettano rendere le cose che fanno per prova piene d'onorate fatiche e colme di terribilissimi capricci, onde ne segue nell'arte la perfezzione nelle pitture, e negli artefici una continua tema di biasmo che si spera quando ciò non si fa, la quale diminuisce di fama quei che più la cercano, come di continuo mentre che visse cercò Giovanni Antonio da Pordenone di Friuli, che ebbe in Vinegia grandissima concorrenza con Tiziano da Cador; il quale per avere da natura uno istinto di divinità nelle sue pitture, e con bellissima maniera di disegno e più di colorito lavorate, non poté mai Giovanni Antonio superare la dilicatezza e la bontà che nell'opere di Tiziano si vede; et ancora che la terribilità et un certo furore molto di pittor nuovo e stravagante fosse nelle azzioni del Pordenone, non si toglie però ch'egli non fosse in grado d'eccellenza nella pittura, egregio e spedito maestro. Dicono alcuni che nel Friuli suo paese per una peste, essendo giovane Giovanni Antonio, si diede in contado a dipignere a fresco, e di quella arte venne sì pratico che in quei luoghi gli fu dato nome di maestro molto valente et espedito. Per il che lavorando egli alcune cose per Lombardia, pervenne a Mantova, e poco vi dimorò che a messer Paris gentiluomo mantovano lasciò da sé colorita in fresco una facciata di muro con una grazia maravigliosa, nella quale sono storie di Venere, Giove, Marte, et altre poesie: nelle quali si vide un principio di dovere pervenire a segno di grandezza. E fra le altre invenzioni che di bellezza in tale opera mostrò, vi fece a som[m]o sotto la cornice un fregio di lettere antiche, l'altezza delle quali è un braccio e mez[z]o, e fra esse un numero di fanciulli che vi passano per entro, chi le cavalca e chi vi è sopra a sedere e ritto, legandole in varie attitudini ch'intorno gli fanno bellissimo ornamento; la quale opera gli acquistò in quella città nome e fama grandissima. Fu condotto in Piacenza, e da que' gentiluomini onoratamente raccolto, fece per essi infiniti lavori, e particularmente nella chiesa di Santa Maria di Campagna, ove dipinse tutta la tribuna, della quale una parte ne rimase imperfetta per la sua partita, e poi fu diligentemente finita da maestro Bernardo da Vercelli. Fece ancora in detta chiesa a fresco due cappelle, una di Santa Caterina con istorie sue, l'altra della Natività di Cristo e della solenne Adorazione dei Magi: cosa molto eccellente e lodata da tutti. Dipinse poi nel bellissimo giardino di messer Barnaba del Pozzo dottore alcuni quadri di poesia. Poi lavorò, similmente pur nella chiesa di Campagna, la tavola dell'altare di Santo Agostino, entrando in chiesa a man sinistra. Le quali opere di lode degne infinitissimamente ornarono quella città, et egli di premii grandi e di straordinarie accoglienze ne fu remunerato. E per meglio rimeritarlo volsero que' gentiluomini darli moglie, per poterlo di continuo onorare e dell'opre sue quella città abbellire. Andò in Vinegia, dove prima qualche operetta aveva fatta, come a San Geremia sul Canal Grande una facciata, e nella Madonna dell'Orto una tavola a olio, nella quale sono molte figure; ma particularmente in un San Giovanni Batista si sforzò di mostrare quanto valesse. Fece ancora sul Canale Grande alla casa di certi gentiluomini molte storie a fresco, dove si vede un Curzio a cavallo in iscorto, che pare tutto tondo e di rilievo; similmente un Mercurio in aria che vola - oltre all'altre ingegnose e belle particularità - che gira per ogni lato. La quale opera fu di tanto grido e di tanta fama in quella città, che tirò a sé gli animi di tutta Vinegia, lodandolo e magnificandolo sopra ogni altro pittore che in quella mai lavorasse. Onde per tal cagione dai soprastanti di San Rocco gli fu data a dipignere a fresco la cappella di quella chiesa con tutta la tribuna. E nel vero che di fierezza, di pratica, di vivacità e di terribilità non ho mai visto meglio che le cose da lui dipinte, né fu mai chi nel muro con tanta prestezza lavorasse. Fece in questa opera uno Dio Padre nella tribuna, et una infinità di fanciulli che da Esso si partono con molte belle e variate attitudini. Per il che gli fu fatto dipignere il tabernacolo di legno dove si conservano le argenterie, nel quale fece un San Martino a cavallo con molti poveri che porgono vóti sotto una prospettiva, che n'acquistò grandissime lode et accrebbe maggior nome al grado che prima teneva. Onde tal cosa fu cagione che messer Iacopo Soranzo gli divenisse amico e protettore; onde a concorrenza di Tiziano gli allogarono la sala de' Pregati, nella quale fece molti quadri di figure che scortano al di sotto in su, che bellissime sono tenute, e similmente un fregio di mostri marini lavorati a olio intorno a detta sala, che a quello illustrissimo Senato lo renderono molto caro; e perciò mentre che visse dalla liberalità loro gli fu data onorata provisione. Cercava egli gareggiando sempre mettere opere dove Tiziano aveva messo le sue; per che avendo Tiziano fatto in San Giovanni di Rialto un San Giovanni Elimosinario che a' poveri dona danari, pose Giovann' Antonio a uno altare un quadro d'un San Sebastiano e San Rocco et altri Santi, che fu cosa bella, ma non però tale quale è l'opera di Tiziano, benché da infiniti, più per malignità che per la verità, fusse più lodata l'opera di Giovanni Antonio. Fece ancora nel chiostro di Santo Stefano, in fresco, molte storie, una del Testamento Vecchio e una del Nuovo, tramezzate da diverse Virtù, nelle quali mostrò scórti terribili di figure, nei quali sempre ebbe grandissima opinione; et in ogni suo componimento cercò ognora cose che fossero difficilissime, e quelle empié et adornò meglio che nissun altro pittore. Aveva il principe Doria in Genova fatto un palazzo su la marina, et a Perin del Vaga, pittor celebratissimo, fatto far sale, camere et anticamere a olio et a fresco, che per la ric[c]hezza e per la bellezza delle pitture sono maravigliosissime; e perché in quel tempo Perino non frequentava molto il lavoro, acciò che per isprone e per concorrenza facesse quel che non faceva per se medesimo, fece venire il Pordenone; il quale cominciò una sala, dove lavorò un fregio di fanciulli con la sua solita maniera, i quali vòtano una barca piena di cose maritime, e per tutta la stanza girando fanno bellissime attitudini. Fece ancora una storia grande quando Iasone chiede licenzia al padre per andare per il vello dell'oro. Ma il principe, vedendo il cambio che faceva da l'opera di Perino a quella del Pordenone, licenziatolo, fece venire in suo loco Domenico Beccafumi sanese, eccellente e più raro maestro di lui; il quale, per servire tanto principe, non curò d'abbandonare Siena sua patria, dove sono tante opere maravigliose di lui. Et in tal loco fece una storia sola e non più, perché Perino condusse ogni cosa ad ultimo fine. A Giovanni Antonio, ritornato a Vinegia, fu fatto intendere come Ercole duca di Ferrara aveva condotto di Alamagna un numero infinito di maestri, et a quegli fatto cominciare a far panni di seta e d'oro e di filaticci e di lana, secondo l'uso e l'animo suo che far voleva. Per il che non avendo in Ferrara ottimi disegnatori di figure (che benché vi fosse Girolamo da Ferrara, era più atto a' ritratti et a cose appartate che a storie terribili, dove bisognasse la forza dell'arte e del disegno), fu scritto con grandissima instanza a Giovanni Antonio che venisse a servire quel signore; ond'egli non meno desideroso d'acquistare fama che facultà, partì da Vinegia, e nel suo giungere a Ferrara dal Duca fu ricevuto con molte carezze. Ma poco dopo la sua venuta assalito da gravissimo affanno di petto, si pose nel letto per mez[z]o morto; dove aggravando poi del continuo, in tre giorni o poco più, senza potervisi rimediare, d'anni LVI finì il corso della sua vita. Parve ciò cosa strana al Duca, e similmente agli amici di lui, e non mancò chi per molti mesi credesse lui di veleno esser morto. Fu sepolto il corpo di Giovan Antonio, e della morte sua molto ne increbbe a molti, et in Vinegia specialmente, per ciò che Giovan Antonio aveva prontezza nel dire, era amico e compagno di molti, piacevagli la musica, et ancora aveva dato opra alle littere latine. Rimase suo creato Pomponio da San Vito del Frioli, il quale ha lavorato in Vinegia e lavora tuttavia. Furono le opere del Pordenone lavorate nel tempo del serenissimo Andrea Gritti, e morissi egli nel MDXL. Costui si mostrò nella pittura sì valoroso, che le sue figure appariscon tonde e spiccate dal muro. Laonde per avere egli dato forza, terribilità e rilievo nel dipignere, si mette fra quelli che hanno fatto augumento alla arte e benefizio allo universale.

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