Biografia di Properzia de' Rossi * madonna *

PROPERZIA DE' ROSSI scultrice bolognese

Gran cosa è che in tutte quelle virtù et in tutti quelli esercizii ne' quali, in qualunche tempo, hanno voluto le donne intromettersi con qualche studio, siano sempre riuscite eccellentissime e più che famose, come con una infinità di esempli agevolmente può dimostrarsi a chi forse non lo credesse. E certamente ognun sa quanto elleno universalmente tutte nelle cose economice vagliono, oltra che nelle cose della guerra medesimamente si sappia chi fu Camilla, Arpalice, Valasca, Tomiri, Pantasilea, Molpadia, Orizia, Antiope, Ippolita, Semiramide, Zenobia, chi finalmente Fulvia di Marcantonio che, come dice Dione istorico, tante volte s'armò per defender il marito e se medesima. Ma nella poesia ancora sono state maravigliosissime: come raconta Pausania, Corinna fu molto celebre nel versificare, et Eustazio nel catalogo delle navi d'Omero fa menzione di Safo, onoratissima giovane (il medesimo fa Eusebio nel libro dei Tempi), la quale invero, se ben fu donna, ella fu però tale che superò di gran lunga tutti gli eccellenti scrittori di quella età; e Varone loda anch'egli fuor di modo, ma meritamente, Erinna, che con trecento versi s'oppose alla gloriosa fama del primo lume della Grecia, e con un suo piccol volume chiamato Elecate equiperò la numerosa Iliade del grand'Omero. Aristofane celebra Carissena nella medesima professione per dottissima et eccellentissima femmina; e similmente Teano, Merone, Polla, Elpe, Cornificia e Telisilla, alla quale fu posta nel tempio di Venere, per meraviglia delle sue tante virtù, una bellissima statua. E per lassar tant'altre versificatrici, non leggiamo noi che Arete nelle difficultà di filosofia fu maestra del dotto Aristippo, e Lastenia et Assiotea discepole del divinissimo Platone? E nell'arte oratoria Sempronia et Ortensia, femmine romane, furono molto famose; nella grammatica Agallide, come dice Ateneo, fu rarissima; e nel predir delle cose future, o diasi questo all'astrologia o alla magica, basta che Temi e Cassandra e Manto ebbero ne' tempi loro grandissimo nome; come ancora Iside e Cerere nelle necessità dell'agricultura, et in tutte le scienzie universalmente le figliuole di Tespio. Ma certo in nessun'altra età s'è ciò meglio potuto conoscere che nella nostra, dove le donne hanno acquistato grandissima fama non solamente nello studio delle lettere, com'ha fatto la signora Vittoria del Vasto, la signora Veronica Gambara, la signora Caterina Anguisola, la Schioppa, la Nugarola, e cent'altre sì nella volgare come nella latina e nella greca lingua dottissime, ma eziandio in tutte l'altre facultà. Né si son vergognate, quasi per tòrci il vanto della superiorità, di mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche, e fra la ruvidezza de' marmi e l'asprezza del ferro, per conseguir il desiderio loro e riportarsene fama, come fece nei nostri dì la Properzia de' Rossi da Bologna, giovane virtuosa non solamente nelle cose di casa, come l'altre, ma in infinite scienzie, che, nonché le donne, ma tutti gli uomini l'ebbero invidia. Costei fu del corpo bellissima, e sonò e cantò nei suoi tempi meglio che femmina della sua città; e perciò ch'era di capriccioso e destrissimo ingegno, si mise ad intagliar noccioli di pesche, i quali sì bene e con tanta pazienzia lavorò, che fu cosa singulare e maravigliosa il vederli, non solamente per la sottilità del lavoro, ma per la sveltezza delle figurine che in quegli faceva e per la delicatissima maniera del compartirle: e certamente era un miracolo veder in su un nocciolo così piccolo tutta la Passione di Cristo fatta con bellissimo intaglio, con una infinità di persone, oltra i crucifissori e gli Apostoli. Questa cosa le diede animo, dovendosi far l'ornamento delle tre porte della prima facciata di San Petronio tutta a figure di marmo, che ella per mezzo del marito chiedesse agli Operai una parte di quel lavoro; i quali di ciò furon contentissimi, ogni volta ch'ella facesse veder loro qualche opera di marmo condotta di sua mano. Onde ella sùbito fece al conte Alessandro de' Peppoli un ritratto di finissimo marmo, dov'era il conte Guido suo padre di naturale. La qual cosa piacque infinitamente non solo a coloro, ma a tutta quella città, e perciò gli Operai non mancarono di allogarle una parte di quel lavoro. Nel quale ella finì, con grandissima maraviglia di tutta Bologna, un leggiadrissimo quadro, dove (perciò che in quel tempo la misera donna era innamoratissima d'un bel giovane, il quale pareva che poco di lei si curasse) fece la moglie del maestro di casa di Faraone, che innamoratosi di Iosep, quasi disperata del tanto pregarlo, a l'ultimo gli toglie la veste d'attorno con una donnesca grazia e più che mirabile. Fu questa opera da tutti riputata bellissima, et aùllei di gran sodisfazzione, parendole con questa figura del Vecchio Testamento avere isfogato in parte l'ardentissima sua passione. Né volse far altro mai per conto di detta fabbrica, né fu persona che non la pregasse ch'ella seguitar volesse, eccetto maestro Amico, che per l'invidia sempre la sconfortò, e sempre ne disse male agli Operai, e fece tanto il maligno che il suo lavoro le fu pagato un vilissimo prezzo. Fece ancor ella due Agnoli di grandissimo rilievo e di bella proporzione, ch'oggi si veggono, contra la sua voglia però, nella medesima fabbrica. All'ultimo costei si diede ad intagliar stampe di rame, e ciò fece fuor d'ogni biasimo e con grandissima lode. Finalmente, alla povera innamorata giovane ogni cosa riuscì perfettissimamente, eccetto il suo infelicissimo amore. Andò la fama di così nobile et ellevato ingegno per tutt'Italia, et all'ultimo pervenne agli orecchi di papa Clemente VII, il quale, sùbito che coronato ebbe l'imperatore in Bologna, domandato di lei, trovò la misera donna esser morta quella medesima settimana et esser stata sepolta nello Spedale della Morte, che così s'era lasciata per ultimo suo testamento. Onde al Papa, ch'era volunteroso di vederla, spiacque grandissimamente la morte di quella, ma molto più a' suoi cittadini, li quali mentre ella visse la tennero per un grandissimo miracolo della natura nei nostri tempi; e per onorarla pure di qualche memoria, le fu posto alla sepoltura il seguente epitaffio: SI QUANTUM NATURAE ARTIQUE PROPERTIA TANTUM FORTUNAE DEBEAT MUNERIBUSQUE VIRUM, QUAE NUNC MERSA IACET TENEBRIS IN GLORIA LAUDE AEQUASSET CELEBRES MARMORIS ARTIFICES, ATTAMEN INGENIO VIVIDO QUOD POSSET ET ARTE FOEMINEA OSTENDUNT MARMORA SCULPTA MANU.

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