Biografia di Bartolomeo della Porta detto fra' Bartolomeo * di San Marco S. *

FRA' BARTOLOMEO DI SAN MARCO pittor fiorentino

Rare volte fa la natura nascere un buono ingegno et uno artefice mansueto che di quiete e di bontà in qualche tempo non lo provegga, come ella fece a Baccio da la Porta a San Piero Gattolini di Fiorenza, al secolo così detto, pittore tenuto eccellente e coloritore vago e raro. Stette costui nella sua giovanezza con Cosimo Rosselli per i primi principii della pittura; per la quale egli, punto dalle concorrenze degli artefici suoi, per il voto dello onore fece molte fatiche nella giovanezza sua, et in quelle perseverando pervenne ad ultima perfezzione di quel grado che per fama e per opre s'acquista studiando. Si partì da Cosimo, e lavorò alla Porta San Piero Gattolini nelle sue case, nelle quali fece molti quadri di pittura. Per il che la fama sua si divulgò talmente, che da Gerozzo di monna Venna Dini gli fu fatta allogazione d'una cappella nel cimiterio, dove sono l'ossa de' morti nello spedale di Santa Maria Nuova, e cominciòvi un Giudicio a fresco, il quale condusse con tanta diligenza e bella maniera in quella parte ch'e' finì, che acquistandone grandissima fama oltra quella che aveva, molto fu celebrato per aver egli con bonissima considerazione espresso la gloria del paradiso, e Cristo con i dodici Apostoli giudicare le dodici Tribù, le quali con bellissimi panni sono morbidamente colorite; oltra che si vede nel disegno che restò a finirsi queste figure che sono ivi tirate all'inferno, la disperazione, il dolore e la vergogna della morte eterna, così come si conosce la contentezza e la letizia che sono in quelle che si salvano, ancora che questa opera rimanesse imperfetta, avendo egli più voglia d'attendere alla religione che alla pittura. Per che trovandosi in questi tempi in San Marco fra' Girolamo Savonarola da Ferrara dell'Ordine de' Predicatori, teologo famosissimo, e continovando Baccio la udienza delle prediche sue per la devozione che in esso aveva, prese strettissima pratica con lui e dimorava quasi continuamente in convento, avendo anco con gli altri frati fatto amicizia. Avvenne che un giorno si levarono le parti contrarie a fra' Girolamo per pigliarlo e metterlo nelle forze della giustizia, per le sedizioni che aveva fatte in quella città. Il che vedendo gli amici del Frate, si ragunarono essi ancora in numero più di cinquecento, e si rinchiusero dentro in San Marco; e Baccio insieme con esso loro, per la grandissima affezione che egli aveva a quella parte. Vero è che essendo pure di poco animo, anzi troppo timido e vile, sentendo poco appresso dare la battaglia al convento e ferire et uccidere alcuni, cominciò a dubitare fortemente di se medesimo; per il che fece voto, se e' campava da quella furia, di vestirsi sùbito l'abito di quella Religione: et interamente poi lo osservò. Con ciò sia che finito il rumore, e preso e condannato il Frate alla morte, egli in quello stesso convento si fece frate, con grandissimo dispiacere di tutti gli amici suoi che infinitamente si dolsero di averlo perduto, e massime per sentire che egli aveva postosi in animo di non attendere più alla pittura. Laonde Mariotto Albertinelli, fido amico e compagno suo, a' preghi di Gerozzo Dini prese le robbe da fra' Bartolomeo, che così lo chiamò il priore nel vestirgli l'abito, e l'opra dell'Ossa di Santa Maria Nuova condusse a fine. Stavasi fra' Bartolomeo in convento, non attendendo ad altro che agli uffici divini et alle cose della Regola, ancora che pregato molto dal priore e dagli amici suoi più cari che e' facesse qualche cosa di pittura; et era già passato il termine di quattro anni che egli non aveva voluto lavorar nulla: ma stretto poi da Bernardo del Bianco amico suo e del priore, infine cominciò a olio nella Badia di Fiorenza una tavola di San Bernardo che scrive, e nel vedere la Nostra Donna, portata col Putto in braccio da molti Angeli e putti da lui coloriti pulitamente, sta tanto contemplativo, che bene si conosce in lui un non so che di celeste che resplende in quella opera a chi la considera attentamente, dove molta diligenza et amor pose, insieme con uno arco lavorato a fresco che vi è sopra. Fece ancora alcuni quadri per Giovanni cardinale de' Medici, e dipinse per Agnolo Doni un quadro di una Nostra Donna. Venne in questo tempo Raffaello da Urbino pittore a imparare l'arte a Fiorenza, et insegnò i termini buoni della prospettiva a fra' Bartolomeo; perché essendo Raffaello volonteroso di colorire nella maniera del frate, e piacendogli il maneggiare i colori e lo unir suo, con lui di continuo si stava. Fece in quel tempo una tavola con infinità di figure in San Marco di Fiorenza: oggi è appresso al re di Francia, che fu a lui donata, et in San Marco molti mesi si tenne a mostra. Poi ne dipinse un'altra in quel luogo, dove è posto infinito numero di figure, in cambio di quella che si mandò in Francia, nella quale sono alcuni fanciulli in aria che volano tenendo un padiglione aperto, con arte e con buon disegno e rilievo tanto grande che paiono spiccarsi da la tavola, e coloriti di colore di carne mostrano quella bontà e quella bellezza che ogni artefice valente cerca di dare alle cose sue: la quale opera ancore oggi per eccellentissima si tiene. Sono molte figure in essa intorno a una Nostra Donna, tutte lodatissime; ma tra l'altre vi fece un S. Bartolomeo ritto che merita lode grandissima, insieme con due fanciulli che suonano uno il lùto e l'altro la lira, a l'un de' quali ha fatto raccorre una gamba e posarvi su lo strumento, le man' poste alle corde in atto di diminuire, l'orec[c]hio intento all'armonia e la testa vòlta in alto con la bocca al quanto aperta, d'una maniera che chi lo guarda non può discredersi di non avere a sentire ancor la voce; simile fa l'altro che, acconcio per lato, con uno orec[c]hio appoggiato alla lira par che senta l'accordamento che fa il suono con il liuto e con la voce, mentre che facendo tenore, egli con gli occhi a terra va seguitando con tener fermo e vòlto l'orec[c]hio al compagno che suona e canta: avvertenzie e spiriti veramente ingegnosi; e così stando quelli a sedere e vestiti di velo, che maravigliosi et industriosamente dalla dotta mano di fra' Bartolomeo sono condotti, e tutta l'opera con ombra scura sfumatamente cacciata. Fece poco tempo dopo un'altra tavola dirimpetto a quella, la quale è tenuta buona, dentrovi la Nostra Donna et altri Santi intorno. Meritò lode straordinaria, avendo introdotto un modo di fumeggiar le figure che all'ottima arte aggiungono unione maravigliosa, talmente che paiono di rilievo e vive, lavorate con ottima maniera a perfezzione. Sentendo egli nominare l'opre egregie di Michele Agnolo fatte a Roma, così quelle del grazioso Rafaello, sforzato dal grido che di continuo udiva de le maraviglie fatte dai due divini artefici, con licenza del priore si trasferì a Roma; dove trattenuto da fra' Mariano Fetti frate del Piombo a Montecavallo e San Salvestro, luogo suo, gli dipinse due quadri di San Pietro e San Paolo. E perché non gli riuscì molto il fare bene in quella aria come aveva fatto nella fiorentina - attesoché fra le antiche e moderne opere che vide, e in tanta copia, stordì di maniera che grandemente scemò la virtù e la eccellenza che gli pareva avere -, deliberò di partirsi, e lasciò a Rafaello da Urbino che finisse uno de' quadri il quale non era finito, che fu il San Pietro; il quale, tutto ritocco di mano del mirabile Rafaello, fu dato a fra' Mariano. E così se ne tornò a Fiorenza, dove era stato morso più volte che non sapeva fare gli ignudi. Volse egli dunque mettersi a prova, e con fatiche mostrare ch'era attissimo ad ogni eccellente lavoro di quella arte come alcuno altro. Laonde per prova fece in un quadro un San Sebastiano ignudo con colorito molto alla carne simile, di dolce aria, e di corrispondente bellezza alla persona parimente finito, dove infinite lode acquistò appresso agli artefici. Dicesi che stando in chiesa per mostra questa figura, avevano trovato i frati nelle confessioni donne che nel guardarlo s'erano corrotte per la leggiadra e lasciva imitazione del vivo datagli dalla virtù di fra' Bartolomeo: per il che levatolo di chiesa, lo misero nel capitolo, dove non dimorò molto tempo che, da Giovan Battista della Palla comprato, si mandò al re di Francia. Fece sopra l'arco d'una porta per andare in sagrestia, in legno a olio, un San Vincenzio de l'Ordine loro, che figurando quello predicar del Giudizio, si vede negli atti e nella testa particularmente quel terrore e quella fierezza che sogliono essere nelle teste de' predicanti quando più s'affaticano con le minacci de la giustizia di Dio di ridurre gli uomini ostinati nel peccato a la vita perfetta, di maniera che non dipinta ma vera e viva apparisce questa figura a chi la considera attentamente, con sì gran rilievo è condotto. Vennegli capriccio, per mostrare che sapeva fare le figure grandi, sendogli stato detto che aveva maniera minuta, di porre ne la faccia dove è la porta del coro il San Marco Evangelista, figura di braccia cinque in tavola, condotta con bonissimo disegno e grande eccellenzia. Era tornato da Napoli Salvador Billi mercatante fiorentino, che inteso la fama di fra' Bartolomeo e visto l'opere sue, li fece fare una tavola, dentrovi Cristo Salvatore, alludendo al nome suo, et i quattro Evangelisti che lo circondano, dove sono ancora due putti a piè che tengono la palla del mondo, i quali di tenera e fresca carne benissimo sono condotti, come l'altra opera tutta; sonvi ancora due Profeti molto lodati. Questa tavola è posta nella Nunziata di Fiorenza sotto l'organo grande, che così volle Salvadore: et è cosa molto bella, e dal frate con grande amore e con gran bontà finita, la quale ha intorno l'ornamento de' marmi tutto intagliato. Accad[d]e che avendo egli bisogno di pigliare aria, il priore allora, amico suo, lo mandò fuora ad un lor monasterio, nel quale, mentre che egli stette, accompagnò utilmente per l'anima e per la casa l'operazione de le mani alla contemplazion de la morte. E fece a San Martino in Lucca una tavola, dove a piè d'una Nostra Donna è uno agnoletto che suona un liuto, insieme con Santo Stefano e San Giovanni, con bonissimo disegno e colorito, mostrando in quella la virtù sua. Similmente in San Romano fece una tavola in tela, dentrovi una Nostra Donna de la Misericordia, posta su un dado di pietra, et alcuni Angeli che tengono il manto; e figurò con essa un popolo su certe scalèe, chi ritto, chi a sedere, chi inginocchioni, i quali risguardano un Cristo in alto che manda saette e folgori adosso a' popoli. Certamente mostrò fra' Bartolomeo in questa opera possedere molto il diminuire l'ombre della pittura e gli scuri di quella con grandissimo rilievo operando, dove le difficultà dell'arte mostrò con rara et eccellente maestria e colorito, disegno et invenzione. Nella chiesa medesima dipinse un'altra tavola, pure in tela, dentrovi un Cristo e Santa Caterina martire, insieme con Santa Caterina da Siena ratta da terra in spirito, che è una figura de la quale in quel grado non si può far meglio. Ritornando egli in Fiorenza, diede opera alle cose di musica, e di quelle molto dilettandosi, alcune volte per passar tempo usava cantare. Dipinse a Prato, dirimpetto alle Carcere, una tavola d'una Assunta; e fece in casa Medici alcuni quadri di Nostre Donne, et altre pitture ancora a diverse persone. In Arezzo, in Badia de' Monaci Neri, fece la testa d'un Cristo in iscuro, cosa bellissima, e la tavola della Compagnia de' Contemplanti, la quale s'è conservata in casa del magnifico messer Ottaviano de' Medici. Nel noviziato di San Marco, nella cappella, una tavola della Purificazione molto vaga e con disegno condusse a buon fine; e a Santa Maria Maddalena, luogo di detti frati fuor di Fiorenza, dimorandovi per suo piacere, fece un Cristo et una Maddalena, e per il convento alcune cose dipinse in fresco. Similmente lavorò in fresco uno arco sopra la foresteria di San Marco, et in questo dipinse Cristo con Cleofas e Luca, dove ritrasse fra' Niccolò della Magna quando era giovane, il quale poi arcivescovo di Capova et ultimamente fu cardinale. Cominciò in San Gallo una tavola, la quale fu poi finita da Giuliano Bugiardini; similmente un quadro del ratto di Dina, il quale è oggi appresso messer Cristoforo Rinieri, amico et amatore di tutti i nostri artefici, che dal detto Giuliano fu colorito, dove sono e casamenti et invenzioni molto lodati. Gli fu da Piero Soderini allogata la tavola della sala del Consiglio, che di chiaro oscuro da lui disegnata ridusse in maniera ch'era per farsi onore grandissimo; la quale è oggi nella sagrestia di San Lorenzo, onoratamente collocata così imperfetta: perché avendola cominciata e disegnata tutta, avvenne che per il continuo lavorare sotto una finestra, il lume dato di quella adosso percotendogli, da quel lato tutto intenebrato restò, non potendosi movere punto; onde fu consigliato che andasse al bagno a San Filippo, essendogli così ordinato da' medici: dove dimorato molto, pochissimo per questo migliorò. Era fra' Bartolomeo delle frutte amicissimo et alla bocca molto gli dilettavano, benché alla salute dannosissime gli fossero. Per che una mattina infiniti fichi mangiando, oltra il male che egli aveva, gli sovragiunse una grandissima febbre, la quale in quattro giorni gli finì il corso della vita, d'età d'anni XLVIII, onde egli con buon conoscimento rese l'anima al cielo. Dolse agli amici suoi et a' frati particolarmente la morte di lui, i quali in San Marco nella sepoltura loro gli diedero sepolcro, l'anno MDXVII, alli otto di ottobre. Era dispensato ne' frati che in coro a ufficio nessuno non andasse; et il guadagno dell'opere sue veniva al convento, restandogli in mano danari per colori e per le cose necessarie del dipignere. Lasciò discepoli suoi Cecchino del Frate, Benedetto Ciampanini, Gabriel Rustici e fra' Paolo Pistolese, al quale rimasero tutte le cose sue, che molte tavole e quadri con que' disegni fece dopo la morte sua. Diede tanta grazia ne' colori fra' Bartolomeo alle sue figure, e quelle tanto modernamente augumentò di novità, che per tal cosa merita fra i benefattori dell'arte da noi essere annoverato. Et àssene giustamente guadagnato questo epitaffio: FRA' BARTOLOMEO PITTORE. APELLE NEL COLORE E ‘L BUONARROTO IMITAI NEL DISEGNO, E LA NATURA VINSI, DANDO VIGOR ‘N OGNI FIGURA E CARNE ET OSSA E PELLE E SPIRTI E MOTO.

<< prec succ >>

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