Introduzione alle tre arti del disegno. Scultura. Cap. XIV * teoriche *

Cap. XIIII. Come si conducono le figure di legno e che legno sia buono a farle.

Chi vuole che le figure del legno si possino condurre a perfezzione, bisogna che e' ne faccia prima il modello di cera o di terra, come dicemmo. Questa sorte di figure si è usata molto nella cristiana religione, attesoché infiniti maestri hanno fatto molti crocifissi e diverse altre cose. Ma invero non si dà mai al legno quella carnosità o morbidezza che al metallo et al marmo et all'altre sculture che noi veggiamo o di stuc[c]hi o di cera o di terra. Il migliore nientedimanco tra tutti i legni che si adoperano alla scultura è il tiglio, perché egli ha i pori uguali per ogni lato et ubbidisce più agevolmente alla lima et allo scarpello. Ma perché l'artefice, essendo grande la figura che e' vuole, non può fare il tutto d'un pezzo solo, bisogna ch'egli lo commetta di pez[z]i e l'alzi et ingrossi secondo la forma che e' lo vuol fare. E per appiccarlo insieme in modo che e' tenga, non tolga mastrice di cacio, perché non terrebbe, ma colla di spicchî, con la quale strutta, scaldati i predetti pez[z]i al fuoco, gli commetta e gli serri insieme non con chiovi di ferro, ma del medesimo legno. Il che fatto, lo lavori et intagli secondo la forma del suo modello. E degli artefici di così fatto mestiero si sono vedute ancora opere di bossolo lodatissime et ornamenti di noce bellissimi, i quali, quando sono di bel noce che sia nero, appariscono quasi di bronzo. Et ancora abbiamo veduti intagli in nòccioli di frutte, come di ciregie e meliache, di mano di Tedeschi molto eccellenti, lavorati con una pacienza e sottigliezza grandissima. E se bene e' non hanno gli stranieri quel perfetto disegno che nelle cose loro dimostrano gl'Italiani, hanno nientedimeno operato et operano continovamente in guisa che riducono le cose a tanta sottigliezza che elle fanno stupire il mondo; come si può veder in un'opera, o per meglio dire in un miracolo di legno, di mano di maestro Ianni franzese, il quale abitando nella città di Firenze la quale egli si aveva eletta per patria, prese in modo nelle cose del disegno, del qual egli dilettò sempre, la maniera italiana, che con la pratica che aveva nel lavorar il legno fece di tiglio una figura d'un San Rocco grande quanto il naturale; e condusse con sottilissimo intaglio tanto morbidi e traforati i panni che la vestono et in modo carnosi e con bello andar l'ordine delle pieghe, che non si può veder cosa più maravigliosa. Similmente condusse la testa, la barba, le mani e le gambe di quel Santo con tanta perfezzione che ella ha meritato e meriterà sempre lode infinita da tutti gl'uomini; e, che è più, acciò si veggia in tutte le sue parti l'eccellenza dell'artefice, è stata conservata insino a oggi questa figura nella Nunziata di Firenze sotto il pergamo, senza alcuna coperta di colori o di pitture, nello stesso color del legname e con la sola pulitezza e perfezzione che maestro Ianni le diede, bellissima sopra tutte l'altre che si veggia intagliata in legno. E questo basti brevemente aver detto delle cose della scultura. Passiamo ora alla pittura.

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