VITA D'AMBRUOGIO LORENZETTI pittor sanese
Se è grande, come è senza dubbio, l'obligo che aver deono alla natura gl'artefici di bello ingegno, molto maggior doverebbe essere il nostro verso loro, veggendo ch'eglino con molta solecitudine riempiono le città d'onorate fabriche e [d']utili e vaghi componimenti di storie, arrecando a se medesimi il più delle volte fama e ricchezze con l'opere loro, come fece Ambruogio Lorenzetti pittor sanese, il quale ebbe bella e molta invenzione nel comporre consideratamente e situare in istoria le sue figure. Di che fa vera testimonianza in Siena ne' Frati Minori una storia da lui molto leggiadramente dipinta nel chiostro, dove è figurato in che maniera un giovane si fa frate et in che modo egli et alcuni altri vanno al Soldano, e quivi sono battuti e sentenziati alle forche et impiccati a un albero e finalmente decapitati, con la sopragiunta d'una spaventevole tempesta. Nella quale pittura con molt'arte e destrezza contrafece il rabbuffamento dell'aria, e la furia della pioggia e de' venti ne' travagli delle figure, dalle quali i moderni maestri hanno imparato il modo et il principio di questa invenzione, per la quale, come inusitata innanzi, meritò egli comendazione infinita. Fu Ambruogio pratico coloritore a fresco, e nel maneggiar a tempera i colori gl'adoperò con destrezza e facilità grande, come si vede ancora nelle tavole finite da lui in Siena allo Spedaletto che si chiama Monna Agnesa, nella quale dipinse e finì una storia con nuova e bella composizione. Et allo Spedale grande nella facciata fece in fresco la natività di Nostra Donna e quando la va fra le vergini al tempio; e ne' Frati di S. Agostino di detta città il capitolo, dove nella volta si veggiono figurati gl'Apostoli con carte in mano, ove è scritto quella parte del Credo che ciascheduno di loro fece, et a' piè una istorietta contenente con la pittura quel medesimo che è di sopra con la scrittura significato. Appresso, nella facciata maggiore sono tre storie di S. Caterina martire quando disputa col tiranno in un tempio, e nel mezzo la Passione di Cristo, con i ladroni in croce e le Marie da basso che sostengono la Vergine Maria venutasi meno; le quali cose furono finite da lui con assai buona grazia e con bella maniera. Fece ancora nel Palazzo della Signoria di Siena in una sala grande la guerra d'Asinalunga e la Pace appresso e gl'accidenti di quella, dove figurò una cosmografia perfetta secondo que' tempi; e nel medesimo palazzo fece otto storie di verde-terra molto pulitamente. Dicesi che mandò ancora a Volterra una tavola a tempera che fu molto lodata in quella città; e a Massa lavorando in compagnia d'altri una capella in fresco et una tavola a tempera, fece conoscere a coloro quanto egli di giudizio e d'ingegno nell'arte della pittura valesse; et in Orvieto dipinse in fresco la cappella maggiore di S. Maria. Dopo quest'opere capitando a Fiorenza, fece in San Procolo una tavola et in una cappella le storie di S. Nicolò in figure piccole per sodisfare a certi amici suoi desiderosi di veder il modo dell'operar suo, et in sì breve tempo condusse, come pratico, questo lavoro ch'e' gl'accrebbe nome e riputazione infinita. E questa opera, nella predella della quale fece il suo ritratto, fu causa che l'anno 1335 fu condotto a Cortona per ordine del vescovo degli Ubertini, allora signore di quella città, dove lavorò nella chiesa di S. Margherita, poco inanzi stata fabricata ai Frati di S. Francesco nella sommità del monte, alcune cose, e particolarmente la metà delle volte e le facciate, così bene che, ancora che oggi siano quasi consumate dal tempo, si vede ad ogni modo nelle figure affetti bellissimi e si conosce che egli ne fu meritamente comendato. Finita quest'opera se ne tornò Ambruogio a Siena, dove visse onoratamente il rimanente della sua vita non solo per essere eccellente maestro nella pittura, ma ancora perché, avendo dato opera nella sua giovanezza alle lettere, gli furono utile e dolce compagnia nella pittura e di tanto ornamento in tutta la sua vita che lo renderono non meno amabile e grato che il mestiero della pittura si facesse; laonde non solo praticò sempre con letterati e virtuosi uomini, ma fu ancora con suo molto onore et utile adoperato ne' maneggi della sua Republica. Furono i costumi d'Ambruogio in tutte le parti lodevoli e più tosto di gentiluomo e di filosofo che di artefice, e- quello che più dimostra la prudenza degl'uomini- ebbe sempre l'animo disposto a contentarsi di quello che il mondo et il tempo recava, onde sopportò con animo moderato e quieto il bene et il male che gli venne dalla fortuna. E veramente non si può dire quanto i costumi gentili e la modestia con l'altre buone creanze siano onorata compagnia a tutte l'arti, ma particolarmente a quelle che dall'intelletto e da' nobili et elevati ingegni procedono, onde doverebbe ciascuno rendersi non meno grato con i costumi che con l'eccellenza dell'arte. Ambruogio finalmente nell'ultimo di sua vita fece con molta sua lode una tavola a Monte Uliveto di Chiusuri, e poco poi, d'anni 83, passò felicemente e cristianamente a miglior vita. Furono le opere sue nel milletrecentoquaranta. Come s'è detto, il ritratto d'Ambrogio si vede di sua mano in S. Procolo nella predella della sua tavola, con un capuccio in capo. E quanto valesse nel disegno si vede nel nostro libro, dove sono alcune cose di sua mano assai buone. Fine della Vita d'Ambruogio Lorenzetti.