VITA DI ANDREA PISANO scultore et architetto
Non fiorì mai per tempo nessuno l'arte della pittura che gli scultori non facessino il loro esercizio con eccellenza; e di ciò ne sono testimonii, a chi ben riguarda, l'opere di tutte l'età, perché veramente queste due arti sono sorelle, nate in un medesimo tempo e nutrite e governate da una medesima anima. Questo si vede in Andrea Pisano, il quale, esercitando la scultura nel tempo di Giotto, fece tanto miglioramento in tal arte che e per pratica e per studio fu stimato in quella professione il maggior uomo che avessino avuto insino ai tempi suoi i Toscani, e massimamente nel gettar di bronzo. Perloché da chiunque lo conobbe furono in modo onorate e premiate l'opere sue, e massimamente da' Fiorentini, che non gl'increbbe cambiare patria, parenti, facultà et amici. A costui giovò molto quella difficultà che avevano avuto nella scultura i maestri che erano stati avanti a lui, le sculture de' quali erano sì rozze e sì doz[z]inali, che chi le vedeva, a paragone quelle di quest'uomo le giudicava un miracolo; e che quelle prime fussero goffe ne fanno fede, come s'è detto altrove, alcune che sono sopra la porta principale di San Paulo di Firenze et alcune che di pietra sono nella chiesa d'Ognisanti, le quali sono così fatte, che più tosto muovono a riso coloro che le mirano che ad alcuna maraviglia o piacere. E certo è che l'arte della scultura si può molto meglio ritrovare quando si perdesse l'esser delle statue - avendo gl'uomini il vivo et il naturale, che è tutto tondo come vuol ella, - che non può l'arte della pittura, non essendo così presto e facile il ritrovare i bei dintorni e la maniera buona per metterla in luce: le quali cose nell'opere che fanno i pittori arrecano maiestà, bellezza, grazia e ornamento. Fu in una cosa alle fatiche d'Andrea favorevole la fortuna, perché essendo state condotte in Pisa, come si è altrove detto, mediante le molte vittorie che per mare ebbero i Pisani, molte anticaglie e pili che ancora sono intorno al Duomo et al Camposanto, elle gli fecero tanto giovamento e diedero tanto lume che tale non lo potet[t]e aver Giotto, per non si essere conservate le pitture antiche tanto quanto le sculture. E se bene sono spesso le statue destrutte da' fuochi, dalle rovine e dal furor delle guerre, e sotterrate e trasportate in diversi luoghi, si riconosce nondimeno, da chi intende, la differenza delle maniere di tutti i paesi, come per esempio la egizzia è sottile e lunga nelle figure, la greca è artifiziosa e di molto studio negl'ignudi e le teste hanno quasi un'aria medesima, e l'antichissima toscana difficile ne' capelli e alquanto rozza; de' Romani (chiamo Romani per la maggior parte quelli che, poi che fu soggiogata la Grecia, si condussono a Roma, dove ciò che era di buono e di bello nel mondo fu portato) questa, dico, è tanto bella per l'arie, per l'attitudini, pe' moti, per gl'ignudi e per i panni, che si può dire che egl'abbiano cavato il bello da tutte l'altre provincie, e raccoltolo in una sola maniera perché la sia, com'è, la migliore anzi la più divina di tutte l'altre. Le quali tutte belle maniere et arti essendo spente al tempo d'Andrea, quella era solamente in uso che dai Gotti e da' Greci goffi era stata recata in Toscana. Onde egli, considerato il nuovo disegno di Giotto e quelle poche anticaglie che gl'erano note, in modo assottigliò gran parte della grossezza di sì sciaurata maniera col suo giudizio, che cominciò a operar meglio et a dare molto maggior bellezza alle cose che non aveva fatto ancora nessun altro in quell'arte insino ai tempi suoi. Per che, conosciuto l'ingegno e la buona pratica e destrezza sua, fu nella patria aiutato da molti e datogli a fare, essendo ancor giovane, a Santa Maria a Ponte alcune figurine di marmo, che gli recarono così buon nome che fu ricerco con instanza grandissima di venire a lavorare a Firenze per l'Opera di S. Maria del Fiore, che aveva, essendosi cominciata la facciata dinanzi delle tre porte, carestia di maestri che facessero le storie che Giotto aveva disegnato pel principio di detta fabrica. Si condusse adunque Andrea a Firenze in servigio dell'Opera detta. E perché disideravano in quel tempo i Fiorentini rendersi grato et amico papa Bonifazio Ottavo, che allora era Sommo Pontefice della Chiesa di Dio, vollono che inanzi a ogni altra cosa Andrea facesse di marmo e ritraesse di naturale detto Pontefice. Laonde messo mano a questa opera, non restò che ebbe finita la figura del Papa et un San Pietro et un San Paulo che lo mettono in mez[z]o, le quali tre figure furono poste e sono nella faccia di Santa Maria del Fiore. Facendo poi Andrea per la porta del mez[z]o di detta chiesa, in alcuni tabernacoli over nicchie, certe figurine di Profeti, si vide ch'egli avea recato gran miglioramento all'arte e che egli avanzava in bontà e disegno tutti coloro che insino allora avevano per la detta fabrica lavorato; onde fu risoluto che tutti i lavori d'importanza si dessono a fare a lui e non ad altri. Per che, non molto doppo, gli furono date a fare le quattro statue de' principali Dottori della chiesa: San Girolamo, Santo Ambruogio, Santo Agostino e San Gregorio. E finite queste che gli acquistarono grazia e fama appresso gli Operai anzi appresso tutta la città, gli furono date a far due altre figure di marmo della medesima grandezza, che furono il Santo Stefano e San Lorenzo che sono nella detta facciata di Santa Maria del Fiore in sull'ultime cantonate. È di mano d'Andrea similmente la Madonna di marmo alta tre braccia e mezzo col Figliuolo in collo, che è sopra l'altar della chiesetta e compagnia della Misericordia in sulla piazza di San Giovanni in Firenze, che fu cosa molto lodata in que' tempi, e massimamente avendola accompagnata con due Angeli che la mettono in mezzo, di braccia due e mezzo l'uno; alla quale opera ha fatto a' giorni nostri un fornimento intorno di legname molto ben lavorato maestro Antonio detto il Carota e, sotto, una predella piena di bellissime figure colorite a olio da Ridolfo figliuolo di Domenico Grillandai. Parimente quella mezza Nostra Donna di marmo che è sopra la porta del fianco pur della Misericordia nella facciata de' Cialdonai, è di mano d'Andrea, e fu cosa molto lodata per avere egli in essa imitato la buona maniera antica, fuor dell'uso suo che ne fu sempre lontano, come testimoniano alcuni disegni che di sua mano sono nel nostro libro, ne' quali sono disegnate tutte l'istorie dell'Apocalisse. E perché aveva atteso Andrea in sua gioventù alle cose d'architettura, venne occasione di essere in ciò adoperato dal Comune di Firenze; perché essendo morto Arnolfo e Giotto assente, gli fu fatto fare il disegno del castello di Scarperia, che è in Mugello alle radici dell'Alpe. Dicono alcuni (non l'affermarei già per vero) che Andrea stette a Vinezia un anno e vi lavorò di scultura alcune figurette di marmo che sono nella facciata di San Marco, e che al tempo di messer Piero Gradenigo doge di quella re[publica] fece il disegno dell'Arsenale; ma perché io non ne so se non quello che truovo essere stato scritto da alcuni semplicemente, lascerò credere intorno a ciò ognuno a suo modo. Tornato da Vinezia a Firenze Andrea, la città, temendo della venuta dell'imperadore, fece alzare con prestezza, adoperandosi in ciò Andrea, una parte delle mura a calcina otto braccia, in quella parte che è fra San Gallo e la Porta al Prato; et in altri luoghi fece bastioni, steccati et altri ripari di terra e di legnami, sicurissimi. Ora, perché tre anni inanzi aveva con sua molta lode mostrato d'essere valente uomo nel gettare di bronzo, avendo mandato al Papa in Avignone per mezzo di Giotto suo amicissimo, che allora in quella corte dimorava, una croce di getto molto bella, gli fu data a fare di bronzo una delle porte del tempio di San Giovanni, della quale aveva già fatto Giotto un disegno bellissimo: gli fu data, dico, a finire, per essere stato giudicato, fra ‘ tanti che avevano lavorato insino allora, il più valente, il più pratico e più giudizioso maestro non pure di Toscana, ma di tutta Italia. Laonde messovi mano con animo deliberato di non volere risparmiare né tempo né fatica né diligenza per condurre un'opera di tanta importanza, gli fu così propizia la sorte nel getto - in que' tempi che non si avevano i segreti che si hanno oggi -, che in termine di ventidue anni la condusse a quella perfezione che si vede. E quello che è più, fece ancora in quel tempo medesimo non pure il tabernacolo dell'altare maggiore di San Giovanni con due Angeli che lo mettono in mezzo, i quali furono tenuti cosa bellissima, ma ancora, secondo il disegno di Giotto, quelle figurette di marmo che sono per finimento della porta del campanile di Santa Maria del Fiore, et intorno al medesimo campanile, in certe mandorle, i sette Pianeti, le sette Virtù e le sette Opere della Misericordia di mezzo rilievo in figure piccole, che furono allora molto lodate. Fece anco nel medesimo tempo le tre figure di braccia quattro l'una che furono collocate nelle nicchie del detto campanile sotto le finestre che guardano dove sono oggi i Pupilli, cioè verso mez[z]ogiorno, le quali figure furono tenute in quel tempo più che ragionevoli. Ma per tornare onde mi sono partito, dico che in detta porta di bronzo sono storiette di basso rilievo della vita di San Giovanni Battista, cioè dalla nascita insino alla morte, condotte felicemente e con molta diligenza. E se bene pare a molti che in tali storie non apparisca quel bel disegno né quella grande arte che si suol porre nelle figure, non merita però Andrea se non lode grandissima, per essere stato il primo che ponesse mano a condurre perfettamente un'opera che fu poi cagione che gl'altri che sono stati dopo lui hanno fatto quanto di bello e di difficile e di buono, nell'altre due porte e negli ornamenti di fuori, al presente si vede. Questa opera fu posta alla porta di mezzo di quel tempio e vi stette insino a che Lorenzo Ghiberti fece quella che vi è al presente, perché allora fu levata e posta dirimpetto alla Misericordia, dove ancora si trova. Non tacerò che Andrea fu aiutato in far questa porta da Nino suo figliuolo, che fu poi molto miglior maestro che il padre stato non era, e.che fu finita del tutto l'anno 1339, cioè non solo pulita e rinetta del tutto, ma ancora dorata a fuoco; e credesi ch'ella fusse gettata di metallo da alcuni maestri viniziani molto esperti nel fondere i metalli, e di ciò si truova ricordo ne' libri dell'Arte de' Mercatanti di Calimara, guardiani dell'Opera di San Giovanni. Mentre si faceva la detta porta, fece Andrea non solo l'altre opere sopradette, ma ancora molte altre e particolarmente il modello del tempio di San Giovanni di Pistoia, il quale fu fondato l'anno 1337, nel quale anno medesimo a dì XXV di gennaio fu trovato, nel cavare i fondamenti di questa chiesa, il corpo del Beato Atto, stato vescovo di quella città, il quale era stato in quel luogo sepolto centotrentasette anni. L'architettura dunque di questo tempio, che è tondo, fu secondo que' tempi ragionevole. È anco di mano d'Andrea nella detta città di Pistoia nel tempio principale una sepoltura di marmo, piena nel corpo della cassa di figure piccole, con alcune altre di sopra maggiori; nella quale sepoltura è il corpo riposto di messer Cino d'Angibolgi, dottore di legge e molto famoso litterato ne' tempi suoi, come testimonia messer Francesco Petrarca in quel sonetto: Piangete, donne, e con voi pianga Amore, e nel quarto capitolo del Trionfo d'Amore, dove dice: Ecco Cin da Pistoia, Guitton d'Arezzo che di non esser primo par ch'ira aggia, etc. Si vede in questo sepolcro di mano d'Andrea, in marmo, il ritratto di esso messer Cino che insegna a un numero di suoi scolari che gli sono intorno, con sì bella attitudine e maniera che in que' tempi, se bene oggi non sarebbe in pregio, dovette esser cosa maravigliosa. Si servì anco d'Andrea nelle cose d'architettura Gualtieri duca d'Atene e tiranno de' Fiorentini, facendogli allargare la piazza e, per fortificarsi nel palazzo, ferrare tutte le finestre da basso del primo piano, dove è oggi la sala de' Dugento, con ferri quadri e gagliardi molto. Aggiunse ancora il detto Duca, dirimpetto a San Piero Scheraggio, le mura a bozzi che sono a canto al palazzo per accrescerlo, e nella grossezza del muro fece una scala segreta per salire e scendere occultamente, e nella detta facciata di bozzi fece da basso una porta grande che serve oggi alla Dogana, e sopra quella l'arme sua, e tutto col disegno e consiglio di Andrea; la quale arme, se bene fu fatta scarpellare dal magistrato de' Dodici che ebbe cura di spegnere ogni memoria di quel Duca, rimase nondimeno nello scudo quadro la forma del leone rampante con due code, come può veder chiunche la considera con diligenza. Per lo medesimo Duca fece Andrea molte torri intorno alle mura della città; e non pure diede principio magnifico alla Porta a San Friano e la condusse al termine che si vede, ma fece ancora le mura degl'antiporti a tutte le porte della città, e le porte minori per commodità de' popoli. E perché il Duca aveva in animo di fare una fortezza sopra la Costa di San Giorgio, ne fece Andrea il modello, che poi non servì per non avere avuto la cosa principio, essendo stato cacciato il Duca l'anno 1343. Ben ebbe in gran parte effetto il disiderio che quel Duca avea di ridurre il palazzo in forma di un forte castello, poiché a quello che era stato fatto da principio fece così gran giunta come quella è che oggi si vede, comprendendo nel circuito di quello le case de' Filipetri, la torre e case degl'Amidei e Mancini, e quelle de' Bellaberti. E perché, dato principio a sì gran fabrica et a grosse mura e barbacani, non aveva così in pronto tutto quello che bisognava, tenendo indietro la fabrica del Ponte Vecchio che si lavorava con prestezza come cosa necessaria, si servì delle pietre conce e de' legnami ordinati per quello senza rispetto nessuno. E se bene Taddeo Gaddi non era per aventura inferiore nelle cose d'architettura a Andrea Pisano, non volle di lui in queste fabriche, per esser fiorentino, servirsi il Duca, ma sì bene d'Andrea. Voleva il medesimo duca Gualtieri disfare S. Cicilia per vedere di palazzo la strada Romana e Mercato Nuovo, e parimente San Piero Scheraggio per suoi commodi, ma non ebbe di ciò far licenza dal Papa. Intanto fu, come si è detto di sopra, cacciato a furia di popolo. Meritò dunque Andrea per l'onorate fatiche di tanti anni non solamente premii grandissimi, ma e la civiltà ancora, perché fatto dalla Signoria cittadin fiorentino, gli furono dati uffizî e magistrati nella città; e l'opere sue furono in pregio e mentre ch'e' visse e dopo morte, non si trovando chi lo passasse nell'operare insino a che non vennero Nicolò Aretino, Iacopo della Quercia sanese, Donatello, Filippo di ser Brunellesco e Lorenzo Ghiberti, i quali condussono le sculture et altre opere ch'e' fecero di maniera che conobbono i popoli in quanto errore eglino erano stati insin a quel tempo, avendo ritrovato questi con l'opere loro quella virtù che era molti e molti anni stata nascosa e non bene conosciuta dagl'uomini. Furono l'opere d'Andrea intorno agli anni di nostra salute milletrecentoquaranta. Rimasero d'Andrea molti discepoli e fra gl'altri Tommaso Pisano architetto e scultore, il quale finì la cappella di Camposanto e pose la fine del campanile del Duomo, cioè quella ultima parte dove sono le campane; il quale Tommaso si crede che fusse figliuolo d'Andrea, trovandosi così scritto nella tavola dell'altar maggiore di San Francesco di Pisa, nella quale è intagliato di mezzo rilievo una Nostra Donna et altri Santi fatti da lui, e sotto quelli il nome suo e di suo padre. D'Andrea rimase Nino suo figliuolo che attese alla scultura, et in Santa Maria Novella di Firenze fu la sua prima opera, perché vi finì di marmo una Nostra Donna stata cominciata dal padre, la quale è dentro alla porta del fianco, a lato alla cappella de' Minerbetti. Andato poi a Pisa, fece nella Spina una Nostra Donna di marmo dal mezzo in su, che allatta Gesù Cristo fanciulletto involto in certi panni sottili; alla quale Madonna fu fatto fare da messer Iacopo Corbini un ornamento di marmo l'anno 1522, et un altro molto maggiore e più bello a un'altra Madonna pur di marmo e intera, di mano del medesimo Nino, nell'attitudine della quale si vede essa madre porgere con molta grazia una rosa al Figliuolo, che la piglia con maniera fanciullesca e tanto bella che si può dire che Nino cominciasse veramente a cavare la durezza de' sassi e ridurgli alla vivezza delle carni, lustrandogli con un pulimento grandissimo. Questa figura è in mezzo a un San Giovanni et a un San Piero di marmo, che è nella testa il ritratto di Andrea di naturale. Fece ancora Nino, per un altare di Santa Caterina pur di Pisa, due statue di marmo, cioè una Nostra Donna et un Angelo che l'annunzia, lavorate, sì come l'altre cose sue, con tanta diligenza che si può dire che le siano le migliori che fussino fatte in que' tempi. Sotto questa Madonna Annunziata intagliò Nino nella basa queste parole: A DÌ PRIMO DI FEBRAIO 1370 e sotto l'Angelo: QUESTE FIGURE FECE NINO FIGLIUOLO D'ANDREA PISANO. Fece ancora altre opere in quella città et in Napoli, delle quali non accade far menzione. Morì Andrea d'anni settantacinque, l'anno milletrecentoquarantacinque, e fu sepolto da Nino in Santa Maria del Fiore con questo epitaffio: INGENTI ANDREAS IACET HAC PISANUS IN URNA MARMORE QUI POTUIT SPIRANTES DUCERE VULTUS ET SIMULACRA DEUM MEDIIS IMPONERE TEMPLIS EX AERE EX AURO CANDENTI ET PULCRO ELEPHANTO. Fine della Vita d'Andrea Pisano.