FRANCESCO DI GIORGIO scultore et architetto sanese
Lo ornamento della virtù di chi nasce non può esser maggior nel mondo che quello della nobiltà e quello dei buoni costumi, i quali hanno forza di trarre al sommo di qualsivoglia fondo ogni smarrito ingegno et ogni nobile intelletto. Onde coloro che praticano con questi tali invaghiscono non solamente delle parti buone che in essi veggano oltra la virtù, ma si fanno schiavi del suggetto bello di vedere in un sol ramo inestati tanti saporiti frutti, l'odore e ‘l gusto de' quali recano gli uomini a essere ricordati dopo la morte e che di essi di continuo si scrivino memorie, come veramente merita che lodate e scritte siano le azzioni di Francesco di Giorgio scultor sanese. Il quale non manco fu eccellente e raro scultore ch'egli si fosse architetto, come apertamente mostrano le figure da lui dopo la morte lasciate a Siena sua patria; le quali di bronzo con bellissimo getto furono due Angeli, oggi locati su lo altar maggiore del Duomo di quella città, i quali egli con sua grandissima comodità fece e rinettò. Era Francesco persona che faceva l'arte più per ispasso e per piacere sendo ben nato e di sufficienti facultà dotato - che per avarizia o altro comodo che trar ne potesse. Laonde cercò ancora di dare opera alla pittura, e fece alcune cose, non così perfette però come nella scultura e nella architettura. Per il che, avendo egli avviamento per il duca Federigo di Urbino, andò a' servigi di quello; et il mirabile palazzo d'Urbino, fattone prima il modello, gli condusse quale e' si vede: il che fu cagione di non manco farlo tener vivo fra gli uomini per tal memoria che per la stessa scultura sua. E se vi avesse atteso, non è dubbio ch'egli non ne fosse restato sempre famoso, attesoché infiniti scrittori - per l'Academia che in tal luogo in quel tempo si ritrovò - hanno talmente celebrato l'edificio, che ben può Francesco di tale opera quanto altro artefice contentarsi. Egli ricevette da quel principe infinite carezze, essendo quello amator singularissimo di tali uomini; et inoltre, perché a Siena se ne tornò con premio, meritò per gli onori e pel grado che a Siena sua patria aveva acquistato, essere eletto de' Signori di quella città. Ma pervenuto finalmente ad età d'anni XLVII, per un male ch'alle gambe gli venne indebolì talmente che poco tempo durò, né gli valsero o bagni o altri rimedii alla vita. Furono da lui le statue e l'architetture fatte l'anno MCCCCLXX. Et acquistonne questo epitaffio: QUAE STRUXI URBINI AEQUATA PALATIA COELO QUAE SCULPSI E MANIBUS PLURIMA SIGNA MEIS ILLA FIDEM FACIUNT UT NOVI CONDERE TECTA AFFABRE ET SCIVI SCULPERE SIGNA BENE. Lasciò suo compagno e carissimo amico Iacopo Cozzerello, il quale attese alla scultura et alla architettura similmente, e fece alcune figure di legno che sono in Siena, e cominciò la architettura di Santa Maria Maddalena fuori de la Porta a' Tufi, la quale rimase imperfetta per la sua morte.