MICHELOZZO MICHELOZZI scultore et architetto fiorentino
Se ognuno che ci vive pensasse, de le cose che fa, vederne pur finita una parte, sarebbono gli intelletti umani molto più svegliati e pròvidi che non sono nelle loro azzioni; e se e' credessino di avere a vivere quando non possono poi operare, non si condurrebbono una gran parte a mendicare nella lor vecchiezza quello che senza rispiarmo alcuno consumarono in gioventù e negli altri tempi seguenti, quando i copiosi e larghi guadagni, accecando il vero discorso, gli facevano spendere oltra il bisogno e molto più che non conveniva. Imperò che, atteso quanto malvolentieri è visto chi dal molto è venuto al poco, per non condursi a termine tale, frenerebbono più gli appetiti, e matura e discretamente procederebbono ne' loro affari; come prudentissimamente fece Michelozzo fiorentino, discepolo di Donato. Costui conoscendo lo errore del maestro suo, che troppo le mani aperse a lo spendere di quello che in mano gli veniva, fu bonissimo conservatore, e di maniera operò, oltra la virtù sua, con la prudenzia del governarsi, che non manco valse alla casa sua l'esser provido e nelle spese temperato che il giudizio e l'arte che egli ebbe, che nella sua professione grandemente gli fecer luogo. Attese Michelozzo al disegno molto et alla scultura con Donato, e quella fece con bonissima destrezza, quantunque e' non desse alle cose sue quella somma grazia che sogliono dare coloro che, raramente operando, son tenuti quasi divini. Fece dunque una Fede di marmo posta alla sepoltura di papa Giovanni Coscia in San Giovanni di Fiorenza, della quale Donato gli fece il modello. E nella Nunziata, avendo contratto amicizia con Cosimo Vecchio de' Medici et avendo molto dato opera alla architettura, lavorò di marmo la cappella di essa Vergine, e di bronzo gettò un luminario che dinanzi a quella si vede, e la pila di marmo con un San Giovanni a sommo, e la Nostra Donna di mez[z]o rilievo sopra il desco delle candele. Laonde Cosimo, cresciutogli lo amore da che così bene se ne serviva, gli fece fare il modello della casa sua; la quale condusse egli a la perfezzione che ne' dì nostri si può vedere. Nello esilio di Cosimo lo accompagnò a Vinegia, e lasciò in quella città molti modelli di suo. Ritornatosi poi a Fiorenza, bisognò nel palazzo della Signoria rimettere alcune colonne nel cortile, de le quali a infiniti volsero dar la cura; e dubitando che ‘l palazzo per lo peso non ruinasse, nessun la volse mai. Laonde Michelozzo, per volersi mostrare animoso et intendente, quelle con tanta agilità mise che tale opera gli aggiunse gran fama al nome che aveva prima; di maniera che, riconosciuto dal publico, fu fatto di Collegio. Fu chiamato dopo questo a Perugia a fare la cittadella vecchia; et a più signori in Italia fece modelli di palazzi e di mura per città e ripari infiniti, et in Fiorenza la casa di Giovanni Tornabuoni in sul modello di quella de' Medici. Per Cosimo fece ancora di marmo la cappella di San Miniato dove è il Crocifisso, e per Italia fece infinite cose di marmo, di bronzo e di legno. A San Miniato al Tedesco egli e Donato insieme lavorarono alcune figure di rilievo; et in Lucca fece egli solo una sepoltura di marmo in San Martino, dirimpetto al Sacramento. A Genova mandò alcune figure. E di ogni sua fatica fece facultà onesta, che diè comodo alla casa sua non meno che fama et utile a se medesimo. Finalmente, divenuto già vecchio e non operando più nulla se non per suo passatempo, fu assalito repentinamente da una febbre che in pochissimi dì gli tolse la vita, essendo pure di LXVIII anni; et accompagnato da' suoi più cari a la sepoltura, ebbe onorate esequie e grandissimo onore per le sustanzie ch'aveva lasciate.