GHERARDO STARNINA pittore fiorentino
Veramente chi camina lontano da la patria sua fermandosi nelle altrui fa bene spesso nello animo un temperamento di buono e di garbato spirito, perché nel vedere i costumi buoni impara da quegli ad essere trattabile, amorevole e paziente, né lo grava per la caldezza del sangue la superbia, e nascendo bisogno, de' suoi piaceri si sforza ad altri far cortesia, acciò intravenendogli i sinistri che nascono da una ora a l'altra, possa ancor egli da altri ricevere il medesimo. Et invero chi disidera affinar gli uomini nel vivere del mondo, altro fuoco né miglior cimento di questo non cerchi, perché quegli che sono roz[z]i di natura ringentiliscono e i gentili in maggior gentilezza e grazia riescono, come fece Gherardo di Iacopo Starnini, pittor fiorentino; il quale, ancora che fosse di sangue più che di buona natura, nondimeno nelle pratiche era molto duro e roz[z]o, onde a sé più ch'agli amici faceva danno. Per il che trasferitosi in Ispagna, quivi imparò ad essere tanto gentile, cortese, trattabile e benigno, che ritornando a Fiorenza, infiniti di quegli i quali inanzi la sua partita a morte lo odiavano, con grandissima tenerezza nel suo ritorno lo amarono per essersi fatto sì gentile e sì cortese. Gherardo fu di[s]cepolo d'Antonio da Vinegia, e i suoi primi principii furono in Santa Croce nella cappella di Santo Antonio de' Castellani, ove fece in fresco alcune cose, le quali furono poi cagione di farlo conoscere a' mercanti spagnuoli, che venuti a Fiorenza per lor bisogni, partendosi in Ispagna appresso il loro re lo condussero; dove molti anni dimorando e grandissima copia de lavori faccendo e di quelli premio onorato traendo, a la sua patria, desideroso di farsi rivedere e conoscere, fece ritorno. Nella quale con molte carezze dagli amici e da' cittadini ricevuto, non andò molto tempo che gli fu data a dover dipignere la cappella di San Girolamo nel Carmino, storie di esso dipignendo; nelle quali figurò nella storia di Paula et Eustochio e di Girolamo alcuni abiti spagnuoli in quel tempo usatisi in quel paese: le quali storie furono da lui con invenzione molto propria intese e condotte, con abondanza di modi e di pensieri nelle attitudini delle figure, con quel magisterio e con quella bontà che gli aveva largito il cielo. Fece in una storia quando San Girolamo impara le prime lettere e il maestro che ha fatto levare a cavallo un fanciullo addosso ad un altro, il quale mentre che per il duolo della sferza mena le gambe, pare che gridando tenti mordere l'orecchio a colui che lo tiene: il che con grazia molto leggiadramente espresse Gherardo, come persona che andava ghiribiz[z]ando le cose della natura. Similmente nel testamento di San Girolamo, per esser vicino a morte, contraffece alcuni frati, i quali, chi scrivendo e chi ascoltando, osservano l'ultime parole del lor maestro con grande affetto. La quale opra gli acquistò appresso agli artefici grado e fama, et i costumi, con la dolcezza della pratica, grandissima riputazione. Fu similmente di mano di Gherardo il San Dionigi alla Parte Guelfa a sommo della scala nella faccia dinanzi, fatto nella ricuperazione di Pisa l'anno MCCCLXVI; il quale, per esser ben colorito e meglio lavorato a fresco, è stato sempre tenuto pittura degna di molta lode, e così si tiene al presente per essersi mantenuta fresca e bella come se ella fusse fatta pur ora. Venuto dunque Gherardo in riputazione e fama grandissima nella patria e fuori, la morte, invidiosa e nimica sempre delle virtuose azzioni, in su il più bello dello operare troncò la infinita speranza di molto maggior' cose che si aveva promesso il mondo di lui. E così nella età di anni XLVIIII inaspettatamente giunto al suo fine, con esequie onoratissime fu sepellito nella chiesa di San Iacopo sopra Arno. E gli fu fatto poi questo epitaffio: GHERARDO STARNINAE FLORENTINO SUMMAE INVENTIONIS ET ELEGANTIAE PICTORI. HUIUS PULCHERRIMIS OPERIBUS HISPANIAE MAXIMUM DECUS ET DIGNITATEM ADEPTAE VIVENTEM MAXIMIS HONORIBUS ET ORNAMENTIS AUXERUNT ET FATIS FUNCTUM EGREGIIS VERISQUE LAUDIBUS MERITO SEMPER CONCELEBRARUNT. Lasciò suoi discepoli Masolino da Panicale e Pace da Faenza, molto pratico e valente pittore, il quale dipinse in Ferrara molte cose et a Belfiore similmente. Furono le pitture di Gherardo dal MCCCXC al MCCCCVIII vel circa.