ANDREA TAFFI pittor fiorentino
Avendo cominciato Cimabue a dare all'arte della pittura disegno e forma migliore, fu di non poca maraviglia a quegli che l'arte per pratica più che per istudio o per scienza esercitavano, non usandosi in que' tempi mettere in opera altro che il modo vecchio della maniera goffa greca e non la profondità de l'arte della pittura, poco nota ad Andrea Taffi fiorentino, eccellente maestro del musaico di que' tempi et in quella professione tenuto divino da que' popoli inetti, non pensando eglino che in tale arte meglio operare si potesse. Or essendo il musaico per la perpetuità delle memorie più che l'altre pitture stimato dagli uomini, si partì da Fiorenza Andrea et a Vinegia se n'andò, dove alcuni pittori greci lavoravano in San Marco opere di musaico; e con essi pigliando dimestichezza, con prieghi, con danari e con promesse di maniera operò che a Fiorenza condusse un maestro Apollonio pittor greco, il quale gli insegnò cuocere i vetri del musaico e fare lo stucco di quello, et in compagnia con Andrea lavorò nella tribuna di San Giovanni la parte di sopra, dove sono le Potestà, i Troni e le:Dominazioni; dove Andrea, più dotto diventato, fece in ultimo il Cristo sopra la banda della cappella maggiore. Onde, famoso per tutta Italia divenuto e nella patria sua raro e primo stimato, da' suoi cittadini meritò onorato premio. Felicità certamente grandissima fu quella d'Andrea nascere in tempo, che, goffamente operando, si stimasse quello che niente si doveva stimare. E nel vero tutte l'età sempre ebbero per costume in tutte l'arti, e particularmente nella pittura, avere in maggior pregio e grado i pochi e rari, quantunque goffi fossero, che i molti saputi e veramente eccellenti, e quegli con estraordinarî premî remunerare, come apertamente si vede nella opera di quel fra' Iacopo di San Francesco che molte decine d'anni prima lavorò di musaico la scarsella dopo lo altare nella detta chiesa di San Giovanni. Ma poi che l'opere di Giotto furono poste in paragone di quelle d'Andrea e di Cimabue, conobbero i popoli la perfezzione dell'arte, vedendo la differenza ch'era da la maniera prima di Cimabue a quella di Giotto nelle figure loro e dagli imitatori dell'uno e dell'altro egregiamente fatte. Laonde seguendo gli altri di mano in mano l'orme de' lor maestri, alla bontà, dove oggi siamo, pervenuti sono e da tanta bassezza al colmo delle maraviglie, ch'oggi veggiamo, la pittura hanno inalzata. Infelici secoli possono chiamarsi quegli che privi sono stati di così bella virtù, la quale ha forza - quando è da dotta mano o in muro o in tavola, in superficie di disegno o con colore lavorata - tenere gli animi fermi et attenti a risguardare il magisterio delle opere umane, rappresentando la idea e la imaginazione di quelle parti che sono celesti, alte e divine, dove per pruova si mostra l'altezza dello ingegno e le invenzioni dello intelletto; l'operazioni dei quali altamente riducono gli egregi spiriti et i valoros'ingegni a la notizia delle cose della natura, et esprimendole nelle pitture, fanno fede della grandezza del cielo negli ornamenti del mondo. Visse Andrea anni LXXXI, e morì inanzi a Cimabue nel MCCXCIIII. E per la riputazione et onore che e' si guadagnò col musaico, per averlo egli prima d'ogni altro arrecato et insegnato agli uomini di Toscana in migliore maniera, fu cagione che Gaddo Gaddi, Giotto e gli altri pittori moderni fecero poi le eccellentissime opre di quel magisterio che hanno recato fama e nome a' bellissimi ingegni. Né mancò chi dopo la morte sua lo magnificò con cotale inscrizzione: QUI GIACE ANDREA CH'OPRE LEGGIADRE E BELLE FECE IN TUTTA FIORENZA ET ORA È ITO A FAR VAGO LO REGNO DELLE STELLE.