Introduzione alle tre arti del disegno. Pittura. Cap. XV * teoriche *

DELLA PITTURA.

Cap. XV. Che cosa sia disegno, e come si fanno e si conoscono le buone pitture et a che; e dell'invenzione delle storie.

Perché il disegno, padre delle tre arti nostre architettura, scultura e pittura, procedendo dall'intelletto cava di molte cose un giudizio universale simile a una forma overo idea di tutte le cose della natura, la quale è singolarissima nelle sue misure, di qui è che non solo nei corpi umani e degl'animali, ma nelle piante ancora e nelle fabriche e sculture e pitture, cognosce la proporzione che ha il tutto con le parti e che hanno le parti fra loro e col tutto insieme; e perché da questa cognizione nasce un certo concetto e giudizio, che si forma nella mente quella tal cosa che poi espressa con le mani si chiama disegno, si può conchiudere che esso disegno altro non sia che una apparente espressione e dichiarazione del concetto che si ha nell'animo, e di quello che altri si è nella mente imaginato e fabricato nell'idea. E da questo per avventura nacque il proverbio de' Greci Dell'ugna un leone, quando quel valente uomo, vedendo sculpita in un masso l'ugna sola d'un leone, comprese con l'intelletto da quella misura e forma le parti di tutto l'animale e dopo il tutto insieme, come se l'avesse avuto presente e dinanzi agl'occhi. Credono alcuni che il padre del disegno e dell'arti fusse il caso, e che l'uso e la sperienza, come balia e pedagogo, lo nutrissero con l'aiuto della cognizione e del discorso; ma io credo che con più verità si possa dire il caso aver più tosto dato occasione che potersi chiamar padre del disegno. Ma sia come si voglia, questo disegno ha bisogno, quando cava l'invenzione d'una qualche cosa dal giudizio, che la mano sia mediante lo studio et essercizio di molti anni spedita et atta a disegnare et esprimere bene qualunche cosa ha la natura creato, con penna, con stile, con carbone, con matita o con altra cosa; perché, quando l'intelletto manda fuori i concetti purgati e con giudizio, fanno quelle mani che hanno molti anni essercitato il disegno conoscere la perfezzione e eccellenza dell'arti et il sapere dell'artefice insieme. E perché alcuni scultori talvolta non hanno molta pratica nelle linee e ne' dintorni, onde non possono disegnare in carta, eglino in quel cambio con bella proporzione e misura facendo con terra o cera uomini, animali et altre cose di rilievo, fanno il medesimo che fa colui il quale perfettamente disegna in carta o in su altri piani. Hanno gli uomini di quelle arti chiamato overo distinto il disegno in varii modi e secondo le qualità de' disegni che si fanno. Quelli che sono tocchi leggermente et apena accennati con la penna o altro, si chiamano schizzi, come si dirà in altro luogo; quegli poi che hanno le prime linee intorno intorno, sono chiamati profili, dintorni o lineamenti. E tutti questi, o profili o altrimenti che vogliam chiamarli, servono così all'architettura e scultura come alla pittura; ma all'architettura massimamente, perciò che i disegni di quella non sono composti se non di linee, il che non è altro, quanto a l'architettore, ch'il principio e la fine di quell'arte, perché il restante, mediante i modelli di legname tratti dalle dette linee, non è altro che opera di scarpellini e muratori. Ma nella scultura serve il disegno di tutti i contorni, perché a veduta per veduta se ne serve lo scultore quando vuol disegnare quella parte che gli torna meglio o che egli intende di fare per ogni verso o nella cera o nella terra o nel marmo o nel legno o altra materia. Nella pittura servono i lineamenti in più modi, ma particolarmente a dintornare ogni figura, perché quando eglino sono ben disegnati e fatti giusti et a proporzione, l'ombre che poi vi si aggiungono et i lumi sono cagione che i lineamenti della figura che si fa ha grandissimo rilievo e riesce di tutta bontà e perfezzione. E di qui nasce che chiunque intende e maneggia bene queste linee, sarà in ciascuna di queste arti, mediante la pratica et il giudizio, eccellentissimo. Chi dunque vuole bene imparare a esprimere disegnando i concetti dell'animo e qualsivoglia cosa, fa di bisogno, poi che averà alquanto as[s]uefatta la mano, che per divenir più intelligente nell'arti si eserciti in ritrarre figure di rilievo, o di marmo o di sasso overo di quelle di gesso formate sul vivo overo sopra qualche bella statua antica, o sì veramente rilievi di modelli fatti di terra, o nudi o con cenci interrati addosso che servono per panni e vestimenti; perciò che tutte queste cose, essendo immobili e senza sentimento, fanno grande agevolezza, stando ferme, a colui che disegna; il che non avviene nelle cose vive, che si muovono. Quando poi averà in disegnando simili cose fatto buona pratica et assicurata la mano, cominci a ritrarre cose naturali, et in esse faccia con ogni possibile opera e diligenza una buona e sicura pratica; perciò che le cose che vengono dal naturale sono veramente quelle che fanno onore a chi si è in quelle affaticato, avendo in sé, oltre a una certa grazia e vivezza, di quel semplice, facile e dolce che è proprio della natura e che dalle cose sue s'impara perfettamente e non dalle cose dell'arte abastanza giamai. E tengasi per fermo che la pratica che si fa con lo studio di molti anni in disegnando, come si è detto di sopra, è il vero lume del disegno e quello che fa gli uomini eccellentissimi. Ora, avendo di ciò ragionato abastanza, seguita che noi veggiamo che cosa sia la pittura. Ell'è dunque un piano coperto di campi di colori, in superficie o di tavola o di muro o di tela, intorno a' lineamenti detti di sopra, i quali per virtù di un buon disegno di linee girate circondano la figura. Questo sì fatto piano, dal pittore con retto giudizio mantenuto nel mez[z]o chiaro e negli estremi e ne' fondi scuro et accompagnato tra questi e quello da colore mez[z]ano tra il chiaro e lo scuro, fa che, unendosi insieme questi tre campi, tutto quello che è tra l'uno lineamento e l'altro si rilieva et apparisce tondo e spiccato, come s'è detto. Bene è vero che questi tre campi non possono bastare ad ogni cosa minutamente, attesoché egli è necessario dividere qualunche di loro almeno in due spezie, faccendo di quel chiaro due mez[z]i e di quello scuro due più chiari, e di quel mez[z]o due altri mez[z]i che pendino l'uno nel più chiaro e l'altro nel più scuro. Quando queste tinte d'un color solo, qualunche egli si sia, saranno stemperate, si vedrà a poco a poco cominciare il chiaro e poi meno chiaro e poi un poco più scuro, di maniera ch'a poco a poco troverremo il nero schietto. Fatte dunque le mestiche, cioè mescolati insieme questi colori, volendo lavorare o a olio o a tempera o in fresco, si va coprendo il lineamento e mettendo a' suoi luoghi i chiari e gli scuri et i mez[z]i e gli abbagliati de' mez[z]i e de' lumi, che sono quelle tinte mescolate de' tre primi, chiaro, mez[z]ano e scuro; i quali chiari e mez[z]ani e scuri et abbagliati si cavano dal cartone overo altro disegno che per tal cosa è fatto per porlo in opra; il qual è necessario che sia condotto con buona collocazione e disegno fondato e con giudizio et invenzione, attesoché la collocazione non è altro nella pittura che avere spartito in quel loco dove si fa una figura, che gli spazii siano concordi al giudizio dell'occhio e non siano disformi, che il campo sia in un luogo pieno e nell'altro vòto; la qual cosa nasca dal disegno e da l'avere ritratto o figure di naturale vive o da' modelli di figure fatte per quello che si voglia fare; il qual disegno non può avere buon'origine, se non s'ha dato continuamente opera a ritrarre cose naturali e studiato pitture d'eccellenti maestri ed istatue antiche di rilievo, come s'è tante volte detto. Ma sopra tutto, il meglio è gl'ignudi degli uomini vivi e femine, e da quelli avere preso in memoria per lo continovo uso i muscoli del torso, delle schiene, delle gambe, delle braccia, delle ginocchia e l'ossa di sotto, e poi avere sicurtà per lo molto studio che senza avere i naturali inanzi si possa formare di fantasia da sé attitudini per ogni verso; così aver veduto degli uomini scorticati per sapere come stanno l'ossa sotto et i muscoli et i nervi con tutti gli ordini e termini della notomia, per potere con maggior sicurtà e più rettamente situare le membra nell'uomo e porre i muscoli nelle figure. E coloro che ciò sanno, forza è che faccino perfettamente i contorni delle figure, le quali dintornate come elle debbono mostrano buona grazia e bella maniera. Per che chi studia le pitture e sculture buone fatte con simil modo, vedendo et intendendo il vivo, è necessario che abbi fatto buona maniera nell'arte. E da ciò nasce l'invenzione, la quale fa mettere insieme in istoria le figure a quattro, a sei, a dieci, a venti, talmente ch'e' si viene a formare le battaglie e l'altre cose grandi dell'arte. Questa invenzione vuol in sé una convenevolezza formata di concordanza e d'obedienza, che, s'una figura si muove per salutare un'altra, non si faccia la salutata voltarsi indietro avendo a rispondere: e con questa similitudine tutto il resto. La istoria sia piena di cose variate e differenti l'una da l'altra, ma a proposito sempre di quello che si fa e che di mano in mano figura lo artefice; il quale debbe distinguere i gesti e l'attitudini, facendo le femmine con aria dolce e bella e similmente i giovani, ma i vecchi gravi sempre di aspetto, et i sacerdoti massimamente e le persone di autorità. Avvertendo però sempremai che ogni cosa corrisponda ad un tutto della opera, di maniera che quando la pittura si guarda vi si conosca una concordanza unita che dia terrore nelle furie e dolcezza negli effetti piacevoli, e rappresenti in un tratto la intenzione del pittore e non le cose che e' non pensava. Conviene adunque per questo che e' formi le figure che hanno ad esser fiere con movenzia e con gagliardia, e sfugga quelle che sono lontane da le prime con l'ombre e con i colori appoco appoco dolcemente oscuri; di maniera che l'arte sia accompagnata sempre con una grazia di facilità e di pulita leggiadria di colori, e condotta l'opera a perfezzione non con uno stento di passione crudele, che gl'uomini che ciò guardano abbino a patire pena della passione che in tal opera veggono sopportata dallo artefice, ma da ralegrarsi della felicità che la sua mano abbia avuto dal cielo quella agilità che renda le cose finite con istudio e fatica sì, ma non con istento, tanto che dove elle sono poste non siano morte, ma si appresentino vive e vere a chi le considera. Guardinsi da le crudezze e cerchino che le cose che di continuo fanno non paino dipinte, ma si dimostrino vive e di rilievo fuor della opera loro. E questo è il vero disegno fondato e la vera invenzione che si conosce esser data, da chi le ha fatte, alle pitture che si conoscono e giudicano come buone.

<< prec succ >>

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