BACCIO D'AGNOLO architetto fiorentino
Sommo piacere mi piglio alle volte nel vedere i principii degli artefici nostri che pervengano di basso in alto, e specialmente nell'architettura; la scienza della quale non è stata esercitata da parecchi anni adietro se non da intagliatori o da persone sofistiche, le quali aspirano a le cose della prospettiva, e non può nientedimanco perfettamente esser fatta se non da quegli che hanno giudizio sano e disegno buono, che o in pitture o in sculture o in cose di legname abbino grandemente operato; con ciò sia che in essa si misurano i corpi delle figure loro, che sono le colonne, le cornici, i basamenti, e tutti gli ordini di essa, i quali a ornamento delle figure son fatti e non per altra cagione. E per questo i legnaiuoli, di continuo maneggiandogli, diventano fra qualche tempo architetti; gli scultori, per lo situare le statue loro e per fare ornamenti a sepolture et altre cose tonde, non possono fare di meno; et il pittore, per le prospettive e pei casamenti da esso tirati, non può fare che le piante degli edificî non faccia, attesoché non si pongono case né scale ne' piani dove le figure posano, che per la prima cosa l'architettura e l'ordine non si tiri. Però Baccio d'Agnolo, che di continuo praticò con Andrea Sansovino, se bene agli intagli attendeva et in quegli era più che valente, come per tutta Fiorenza ne dimostrano le opere sue, nondimeno attese sempre alla prospettiva et all'architettura. Et a ciò lo spronò molto che il verno nella bottega sua si facevano raunate d'artefici, et i capi di quelle erano Raffaello da Urbino giovane, Andrea Sansovino, et infiniti giovani artefici che gli seguitavano, dove difficultà grandissime si proponevano e bellissimi dubbî si vedevano del continuo risolvere dagli eccellentissimi intelletti loro, ch'erano e sottili e ingegnosissimi. Laonde Baccio cominciò a fare di sé esperimento, e di maniera si portò in Fiorenza e talmente in credito venne di tutta quella città, che le più magnifiche fabbriche che in suo tempo s'allogassero furono allogate aùllui, che ne divenisse capo. Per il che prese pratica con Pier Soderini, allora gonfaloniere, e ordinò la sala grande del Consiglio, e lavorò di legname l'ornamento della tavola grande che bozzò fra' Bartolomeo, disegnato da Filippino. Fece la scala che va in detta sala, con ornamento di pietra molto bello; et ancora fece fare le porte di marmo che sono su la sala seconda, dove è la tavola di Filippino. Fece su la piazza di Santa Trinita il palazzo a Giovanni Bartolini, il quale è dentro molto adornato e di palchi e d'ornamenti; e così al suo giardino in Gualfonda molti disegni gli diede. A Lanfredino Lanfredini fece fabbricare lungo Arno la casa, fra il Ponte a Santa Trinita e ‘l Ponte alla Carraia; e su la piazza de' Mozzi cominciò, ma non finì, la casa de' Nasi, che risponde sul renaio d'Arno. Fece ancora la casa a Taddeo Taddei, che fu tenuta comodissima e bella. Diede a Pier Francesco Borgherini i disegni della casa in borgo Santo Apostolo, et in quella con grande spesa fece condurre ornamenti di porte e di camini, e particularmente ordinò l'ornamento di essa camera, il quale tutto di noce intagliato con somma bellezza a bonissimo termine condusse. Fece il modello della chiesa di San Giuseppo da Santo Nofri, et in quello fece fabbricare la porta, ultima sua opera. Fece poi condurre di fabbrica il campanile di Santo Spirito di Fiorenza, e similmente quello di San Miniato in Monte; il quale, benché fusse per l'assedio di Fiorenza, l'anno MDXXIX, inimicissimamente dalla artiglieria del campo battuto, non però fu mai rovinato: per il che non minor fama acquistò per la offesa che faceva a' nemici che per la bontà e per la bellezza con che Baccio lo aveva fatto lavorare e condurre. Avvenne ch'egli per le sue buone qualità e per la piacevole domestichezza che aveva coi cittadini, fu posto nell'Opera di Santa Maria del Fiore alla cura per architetto; dove diede i disegni di fare il ballatoio che ricigne intorno alla cupola, il quale Pippo di ser Brunellesco, sopragiunto dalla morte, aveva lasciato adietro; e bench'egli avesse fatto i disegni di tal cosa, per la poca diligenza de' ministri dell'Opera erano in mala parte andati e perduti. Per il che Baccio, fatto sopra suoi disegni modello, mise in opera tutta la banda verso il Canto de' Bischeri; ma Michele Agnolo Buonaroti, nel suo ritorno da Roma, veggendo tal cosa farsi e tagliare le morse che fuora aveva lasciate Filippo Brunellesco, fece tanto romore che si fermò tal fabbrica. Per il che Michele Agnolo fece modello, e con gran dispute d'artefici e di cittadini che erano intorno al cardinale Giulio de' Medici, tanto fecero che né l'uno né l'altro si mise in opera. Fu biasmato questo disegno di Baccio in molte parti: non che di misura in quel grado non stesse bene, ma che troppo diminuiva a comparazione di cotanta macchina; onde per le inimicizie suscitate non se li diede fine. Attese poi Baccio a fare i pavimenti di Santa Maria del Fiore, et altre sue fabbriche, le quali non erano poche, tenendo egli cura particulare di qualsivoglia monasterio e case di cittadino dentro e fuori della città, et ordinandovi quello che accadeva, per essere molto amato universalmente. Ne l'ultimo, vicino allo anno LXXXIII della vita, dove ancora aveva il giudizio saldo e buono, se ne andò a quella altra vita nel MDXLIII, lasciando Giuliano, Filippo e Domenico suoi figliuoli, da' quali fu sepelito con molte lagrime nella chiesa di San Lorenzo; e guadagnòs[s]i questo epitaffio: FUI TANTO ALLE OPRE INTENTO DISEGNANDO, MURANDO, ALZANDO L'ARTE, CHE PER ME VIDE FLORA IN OGNI PARTE COMODITÀ, BELLEZZA E ONORAMENTO Fu Baccio molto amatore de' parenti suoi, et a tutti fece bene universalmente; et i suoi figliuoli ne' costumi e nelle opere lo vanno imitando gagliardamente.