FRANCIA BIGIO pittor fiorentino
Le fatiche che si patiscono nella vita per levarsi da terra e ‘l ripararsi da la povertà, soccorrendo non pur sé ma i prossimi suoi, fanno che il sudor di tale, di amaro diventa dolcissimo, et el nutrimento di ciò talmente pasce l'animo altrui, che la bontà del Cielo, veggendo alcun vòlto a buona vita et ottimi costumi, e pronto et inclinato agli studî delle scienzie, è sforzata sopra l'usanza sua essergli nel genio favorevole e benigna, come fu veramente al Francia pittor fiorentino; il quale da ottima e giusta cagione posto all'arte della pittura, s'esercitò in quella, non tanto desideroso di fama quanto per porgere aiuto nel bisogno a' parenti suoi. Et essendo egli nato di umilissimi artefici e persone basse, cercava svilupparsi da questo: al che fare lo spronò molto la concorrenza di Andrea del Sarto, allora suo compagno, col quale molto tempo tenne e bottega e la vita del dipignere; la qual vita fu cagione ch'eglino di grande acquisto l'un per l'altro all'arte della pittura fecero. Imparò il Francia nella sua giovanezza, dimorando alcuni mesi con Mariotto Albertinelli, i principii dell'arte; et essendo molto inclinato alle cose di prospettiva, e quella imparando di continuo per lo diletto di essa, fu in Fiorenza riputato molto valente nella sua giovanezza. Le prime opere da lui dipinte furono in San Brancazio, chiesa dirimpetto alle case sue, un San Bernardo lavorato in fresco; e nella cappella de' Rucellai, in un pilastro, una Santa Caterina da Siena lavorata similmente in fresco: le quali diedero saggio delle sue buone qualità che in tale arte mostrò per le sue fatiche. E lo dimostrò a San Giobbe dietro a' Servi in Fiorenza, in un cantone della chiesa di detto Santo, un tabernacolo lavorato a fresco da lui, nel quale fece la Visitazione della Madonna ad Elisabeth; nella quale figura si scorge la benignità della Madonna, et in quella vecchia una reverenzia grandissima; e dipinse il San Giobbe povero e lebbroso, et il medesimo ricco e sano. La quale opera diè tal saggio di lui, che pervenne in credito et in fama. Laonde gli uomini che di quella chiesa e Compagnia erano capitani gli allogarono la tavola dello altar maggiore, nella quale il Francia si portò molto meglio; et in tale opera, in un San Giovanni Batista si ritrasse nel viso; e fece in quella una Nostra Donna e San Giobbe povero. Edificossi allora in Santo Spirito di Fiorenza la cappella di San Niccola, nella quale di legno, col modello di Iacopo Sansovino, fu intagliato esso Santo tutto tondo; et il Francia due agnoletti, che in mezzo lo mettono, dipinse a olio in duo quadri, che furono lodati; et in due tondi fece una Nunziata; e lavorò la predella di figure piccole dei miracoli di San Niccola, con tanta diligenza che merita perciò molte lodi. Fece in San Pier Maggiore, alla porta a man destra entrando in chiesa, una Nunziata, dove ha fatto lo Angelo che ancora vola per aria, et essa ginocchioni con una graziosissima attitudine riceve il saluto; e vi ha tirato un casamento in prospettiva, il quale fu cosa molto lodata et ingegnosa. E nel vero, ancorché ‘l Francia avesse la maniera un poco gentile per essere egli molto faticoso e duro nel suo operare, nientedimeno egli era molto riservato e diligente nelle misure dell'arte nelle figure. Gli fu allogato a dipignere nei Servi, per concorrenza d'Andrea del Sarto, nel cortile dinanzi alla chiesa, una storia: nella quale fece lo Sposalizio di Nostra Donna, dove apertamente si conosce la grandissima fede che aveva Giuseppo, il quale sposandola non meno mostra nel viso il timore che la allegrezza; oltra che egli vi fece uno che gli dà certe pugna, come si usa ne' tempi nostri per ricordanza delle nozze; et in uno ignudo espresse felicemente la ira et il desio, inducendolo a rompere la verga sua che non era fiorita. In compagnia ancora della Nostra Donna fece alcune femmine con bellissime arie et acconciature di teste, de le quali egli si dilettò sempre. Et in tutta questa istoria non fece cosa che non fusse benissimo considerata: come è una femmina con un putto in collo, che va in casa, e ha dato de le busse ad un altro putto che, postosi a sedere, non vuole andare e piagne, e sta con una mano al viso molto graziatamente. E certamente che in ogni cosa e grande e piccola mise in quella istoria molta diligenzia et amore, per lo sprone et animo che aveva di mostrare in tal cosa agli artefici et agli altri intendenti quanto egli le difficultà dell'arte sempre avesse in venerazione, e quelle imitando a buon termine riducesse. Accadde che i frati, che per la solennità d'una festa erano molto desiderosi che le storie d'Andrea si scoprissero, volsero quelle del Francia similmente scoprire; per il che videro la notte che il Francia aveva finita la sua dal basamento in fuori, e come temerarî e prosontuosi che sono, gliela scopersero, pensando, come ignoranti di tale arte, che il Francia ritoccare o fare altra cosa nelle figure non dovesse. La mattina, scoperta così quella del Francia come quelle d'Andrea, fu portato la nuova al Francia che l'opere d'Andrea e la sua erano scoperte: di che ne sentì tanto dolore che ne fu per morire; e venutagli stizza contra a' frati per la presunzione loro, che così poco rispetto gli avevano usato, di buon passo caminando pervenne all'opera, e salito sul ponte, che ancora non era disfatto, se bene era scoperta la storia, con una martellina da muratori che era quivi percosse alcune teste di femmine e guastò quella della Madonna, e così uno ignudo che rompe una mazza quasi tutto lo scalcinò dal muro. Per il che i frati, corsi al rumore, et alcuni secolari gli tennero le mani, ché non la guastasse tutta; e benché poi col tempo gli volessero dar doppio pagamento, egli però non volle mai, per l'odio che contra di loro aveva concetto, racconciarla: e per la riverenza avuta a tale opera et a lui, gli altri pittori non l'hanno voluta finire. La quale opera è lavorata in fresco con tanto amore e con tanta diligenza e con sì bella freschezza, che si può dire che ‘l Francia in fresco lavorasse meglio che uomo del tempo suo, e meglio con i colori sicuri dal ritoccare in fresco le sue cose unisse e isfumasse. Onde per questa e per l'altre sue opere merita molto d'esser celebrato. Fece ancora fuor della Porta alla Croce di Fiorenza, a Rovezzano, un tabernacolo d'un Crocifisso et altri Santi; et a San Giovannino alla Porta di San Pier Gattolino un Cenacolo di Apostoli lavorò a fresco. Avvenne che nello andare in Francia Andrea del Sarto pittore, il quale aveva incominciato alla Compagnia dello Scalzo di Fiorenza un cortile di chiaro e scuro, dentrovi le storie di San Giovanni Batista, gli uomini di quella, avendo desiderio dar fine a tal cosa, presero il Francia, il quale, come imitatore della maniera di Andrea, l'opera cominciata da lui seguitasse. Laonde in quel luogo fece il Francia intorno intorno gli ornamenti a una parte, e condusse a fine due storie di quelle lavorate con diligenzia: le quali sono quando San Giovanni Batista piglia licenzia dal padre suo Zaccheria per andare al deserto, e l'altra lo incontrare che si fecero per viaggio Cristo e San Giovanni con Giuseppo e Maria, ch'ivi stanno a vederli abbracciare. Né seguì più inanzi per lo ritorno d'Andrea, il quale continuò poi di dar fine al resto dell'opere. Fece con Ridolfo Ghirlandai uno apparato bellissimo per le nozze del duca Lorenzo, con due prospettive per le comedie che si fecero, lavorate molto con ordine e maestrevole giudicio e grazia; per le quali acquistò e nome e favore appresso a quel principe. La qual servitù fu cagione ch'egli ebbe l'opera della volta della sala del Poggio a Caiano a mettersi d'oro, in compagnia d'Andrea di Cosimo; e poi cominciò per concorrenza di Andrea del Sarto e di Iacopo da Puntormo una facciata di detta, quando Cicerone dai cittadini romani è portato per gloria sua. La quale opera aveva fatto cominciare la liberalità di papa Leone per memoria di Lorenzo suo padre, che tale edifizio aveva fatto fabbricare e di ornamenti e di storie antiche a suo proposito fatto dipignere; le quali dal dottissimo e grandissimo istorico messer Paolo Giovio vescovo di Nocera, allora primo appresso a Giulio cardinale de' Medici, erano state date ad Andrea del Sarto et a Iacopo da Puntormo et al Francia Bigio, che il valore e la perfezzione di tale arte in quella mostrassero: et avevano il magnifico Ottaviano de' Medici che ogni mese dava loro trenta scudi per ciascuno. Laonde il Francia faticandosi fece nella parte sua, oltra la bellezza della storia, alcuni casamenti misurati molto bene in prospettiva. Ma questa opera per la morte di Leone rimase imperfetta, e poi fu di commissione del duca Alessandro de' Medici, l'anno MDXXXII, ricominciata per mano di Iacopo da Puntormo; il quale la mandò tanto per la lunga, che il Duca si morì, et il lavoro restò adietro. Ma per tornare al Francia, egli ardeva tanto di desiderio nella arte, che non era giorno di state che e' non ritraesse di naturale per istudio uno ignudo in bottega sua. Fece in Santa Maria Nuova una notomia a requisizione di maestro Andrea Pasquali, medico fiorentino eccellentissimo; il che fu cagione ch'egli migliorò molto nell'arte della pittura e la seguitò poi sempre con più amore. Lavorò poi nel convento di Santa Maria Novella sopra la porta della libreria, nel mez[z]o tondo, dove a fresco dipinse San Tommaso che confonde gli eretici con la dottrina, et èvvi Sabellio, Arrio et Averrois: la quale opera è molto lavorata con diligenzia e buona maniera; e fra gli altri particulari, vi son due fanciulli che servono a tenere nell'ornamento un'arme, i quali son molto di bontà e di bellissima grazia ripieni, e di maniera vaghissimi lavorati. Fece ancora un quadro di figure piccole a Giovanni Maria Benintendi a concorrenza di Iacopo da Puntormo, che gliene fece un altro d'una simil grandezza con la storia de' Magi, e due altri lavorati da Francesco d'Albertino. Fece il Francia nel suo quando David vede Bersabè lavarsi in un bagno, dove lavorò alcune femmine troppo con leccata e saporita maniera, e tiròvvi un casamento in prospettiva, nel quale fa David che dà lettere a' corrieri che le portino in campo perché Urìa Eteo sia morto; e sotto una loggia fece in pittura un pasto regio bellissimo. La quale storia alla fama del Francia è stata molto utile e necessaria; con ciò sia che coloro che a ottimo fine caminano, spesso avvien loro che, quando giungono a la morte, e lasciano delle opere loro la più bella e la più lodata, veggono aggiugnersi infinito grado al merito loro, perché egli già nelle figure grandi valse assai, ma nelle piccole molto più. Fece ancora bellissimi ritratti di naturale; et universalmente lavorò d'ogni cosa, e fece altre infinite minuzie, de le quali non accade far menzione. Fu persona molto onesta e di buona natura, et agli amici suoi parzialissimo e servigiale sopra modo. Cercò del continuo dimorare nella pace sua, et a' suoi discepoli fu molto amorevole. Non si curò partire di Fiorenza, come quello che avendo veduto alcune cose di Raffaello da Urbino in Fiorenza, dubitava non perdere, parendogli di non esser tale quale bisognato arebbe che e' fosse stato volendosi porre a paragone di tali ingegni terribili, ristringendosi nella modestia sua, nella quale fu sempre involto. Per che essendo egli già di età di XLII anni, gli venne un male orribile di febbre pestilenziale, con dolori intensi di stomaco, per lo quale in pochi giorni passò da questa a l'altra vita. Dolse la morte sua a molti artefici per la buona grazia e modestia che egli aveva; e non dopo lungo spazio di tempo gli fu fatto questo epitaffio: FRANCIA BIGIO. VISSI, E CON ARTE E INGEGNO, STUDIO E VIRTÚ PER ME VIVONO ANCORA L'OPRE CH'IO DIEDI A FLORA, CANGIANDO IL TERREN BASSO A L'ALTO REGNO. Lasciò discepoli suoi Agnolo suo fratello, il quale si morì giovane, Antonio di Donnino, e Visino, che aveva fatto molto buon principio, se la morte non lo rapiva. Fu sepulto il Francia con tenere lagrime de' suoi fratelli in San Brancazio di Fiorenza lo anno MDXXIII. Arricchì l'arte de la prospettiva, tirata veramente da lui con maravigliosa diligenzia, come poi hanno imitato molti, e particularmente Aristotile da San Gallo, il quale in tal professione ha preso titolo veramente eccellente.