Biografia di Pellegrino Aretusi * da Modana da Modena Munari *

PELLEGRINO DA MODANA pittore

Gli accidenti son pur diversi e strani che di continuo nascono ne' pericoli della vita sopra i corpi umani universalmente ogni giorno: ma particularmente veggiamo le persone ingegnose essere sottoposte a quegli, attesoché chi nelle fatiche degli studî esercita la memoria, e fa che il corpo e l'animo patisce, dà occasione alle membra di disunirle l'uno da l'altro, e deviandole dal primo suo corso diventino rubelle dei sangui, di maniera che chi di allegra complessione ha il genio, lo trasforma in maninconia, et in poco spazio di tempo s'accosta alla morte. È da dolere infinitissimamente, a chi di questo scampa, quando la vendetta, il furore e la forza d'altrui, violentemente, o con ferro o con veleno o con altra nuova disgrazia, senza rispetto tronca il filo della vita a questi tali, allora che degli ingegni loro si sperano i migliori e più maturi frutti esser raccolti. E nel vero torto grandissimo fa la natura, quando ci dà uno ingegno il quale sia per ornamento del secolo in che nasce e per utilità di chi ci vive, a levarlo così tosto di terra, e veramente fa poco onore a sé e grandissimo danno altrui. Come si vede che fu di Pellegrino da Modona pittore, il quale desideroso con la forza delle fatiche acquistarsi nome nell'arte della pittura, si partì de la sua patria, udendo le maraviglie del grandissimo Raffaello da Urbino; e tanto fece, ch'a lavorare si pose con lui. E trovò nel suo giungere in Roma infinitissimi giovani ch'attendevano alla pittura, et emulando fra loro cercavano l'un l'altro avanzare nel disegno, e davano opera di continuo alle fatiche dell'arte per venire in grazia di Raffaello e guadagnarsi nome fra i popoli. Per il che Pellegrino molto a questo attendendo, divenne, oltre al disegno, di pratica maestrevole nell'arte. E mentre che Leon X fece dipignere le Logge a Raffaello, vi lavorò ancora egli in compagnia degli altri giovani; le quali fatiche furono cagione che Raffaello si servì di lui in molte cose. Fece Pellegrino in Santo Eustachio di Roma, entrando in chiesa, tre figure in fresco a uno altare, e nella chiesa de' Portughesi alla Scrofa la cappella dello altar maggiore in fresco, insieme con la tavola. Avvenne che in San Iacopo della nazione spagnuola in Roma si fece una cappella adorna di marmi, nella quale Iacopo Sansovino fece di marmo un San Iacopo di quattro braccia e mezzo, molto lodato; e Pellegrino vi dipinse in fresco le storie di questo Apostolo, nelle quali si vede gentilissima aria a imitazione di Raffaello suo maestro, e bonissima forza e componimento, le quali hanno sempre fatto conoscere Pellegrino per un desto e garbato ingegno nella pittura. Fece in Roma in molti altri luoghi opere da sé et in compagnia. E dopo la morte di Raffaello se ne tornò a Modona, et in quella prese opere, e ne fece infinite; e fra l'altre a una Confraternita di Battuti fece una tavola, nella quale è un San Giovanni che battezza Cristo, e quella lavorò a olio. Fece ancora nella chiesa de' Servi un'altra tavola che a tempera da lui fu condotta, dentrovi San Cosmo e Damiano e molte altre figure. Le quali opere, insieme con le altre, furono cagione che egli prese moglie in Modona, e di quella ebbe un figliuol maschio, il quale diede poi occasione alla morte del padre. Dicono che venendo in quistione di parole con altri suoi compagni, giovani modenesi, messo mano all'arme, il figliuolo di Pellegrino amazzò un di quelli: onde fu portata la nuova di tal caso a Pellegrino, ch'era a lavorare; il quale sbigottito, per soccorre il figliuolo, che non venisse in mano della giustizia, si mise in via con dolore per trafugarlo, e non molto lontano da casa sua si scontrò negli armati parenti del morto giovane che cercavano del figliuolo di Pellegrino per farne le vendette sopra di lui; ma incontrandosi in Pellegrino, abbassarono l'armi, e con tanta furia lo assalirono, che egli non ebbe spazio né di fuggire né di difendersi da loro; per il che pieno di ferite e morto lo lasciarono in terra. Dolse molto a' Modonesi questo caso sì strano dello aver tolto la vita a chi lor dava vita, nome e gloria con l'opre sue. Per che di tal perdita sopra modo dolenti, diedero in Modona a Pellegrino onorato sepolcro. E di costui ho io visto questo epitaffio: EXEGI MONUMENTA DUO, LONGINQUA VETUSTAS QUAE MONUMENTA DUO NULLA ABOLERE POTEST. NAM QUOD SERVAVI NATUM PER VULNERA NOMEN PRAECLARUM VIVET TEMPUS IN OMNE MEUM. FAMA ETIAM VOLITAT TOTUM VULGATA PER ORBEM PRIMAS PICTURAE FERME MIHI DEDITAS. Fu coetaneo di costui Gaudenzio Milanese, pittore eccellentissimo, pratico et espedito, che a fresco fece per Milano molte opere; e particularmente a' frati della Passione un Cenacolo bellissimo, che per la morte sua rimase imperfetto. Lavorò ancora ad olio eccellentemente, e di suo sono assai opere a Vercelli et a Veralla, molto stimate da chi le possiede.

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