IL CECCA ingegnere fiorentino
Se la dura necessità non avesse sforzati gli uomini ad essere ingegnosi per la utilità e comodo proprio, non sarebbe la architettura divenuta sì eccellente e maravigliosa nelle menti e nelle opere di coloro che per acquistarsi et utile e fama si sono esercitati in quella con tanto onore quanto giornalmente si rende loro da chi conosce il migliore dal buono. Questa necessità primeramente indusse le fabbriche, questa gli ornamenti di quella, questa gli ordini, le statue, i giardini, i bagni e tutte quelle alte comodità suntuose che ciascuno brama e pochi posseggono. Questa nelle menti degli uomini ha eccitato la gara e le concorrenzie non solamente degli edifizii, ma delle comodità di quegli; per il che sono stati forzati gli artefici a divenire industriosi negli ordini de' tirari, nelle machine da guerra, negli edifizii da acque, et in tutte quelle advertenzie et accorgimenti che sotto nome di ingegni e di architetture, disordinando gli adversarii et accomodando gli amici, fanno e bello e comodo il mondo. E qualunche sopra gli altri ha saputo fare queste cose, oltra lo essere uscito d'ogni sua noia, sommamente è stato lodato e pregiato da tutti gli altri, come al tempo de' padri nostri fu il Cecca fiorentino; al quale ne' di suoi vennero in mano molte cose e molto onorate, et in quelle si portò egli tanto bene nel servigio della patria sua, operando con rispiarmo e sodisfazzione e grazia de' suoi cittadini, che le ingegnose et industriose fatiche sue lo hanno fatto famoso e chiaro fra gli altri egregi e lodati spiriti. Dicesi che il Cecca fu nella sua giovanezza legnaiuolo bonissimo; e perché egli aveva applicato tutto lo intento suo a cercare di sapere le difficultà degli ingegni, come si può condurre ne' campi de' soldati machine da muraglie, scale da salire nelle città, arieti da rompere le mura, difese da riparare i soldati per combattere, et ogni cosa che nuocere potesse agli inimici e quelle che a suoi amici potessero giovare, essendo egli persona di grandissima utilità alla patria sua meritò che la Signoria di Fiorenza gli desse provisione continua. Per il che, quando non si combatteva, andava per il dominio rivedendo le fortezze e le mura delle città e ‘ castelli ch'erano debili, et a quelli dava il modo de' ripari e d'ogni altra cosa che bisognava. E dicesi che le nuvole che andavano per la festa di San Giovanni in Fiorenza a processione furono ingegno suo, che certo sono tenute cosa bellissima. Fece egli ancora uno edificio che per nettare e racconciare il musaico nella tribuna di San Giovanni si girava, s'alzava et abbassava et accostava, che due persone lo potevano maneggiare, cosa che diede al Cecca riputazione grandissima. Avvenne al suo tempo che lo esercito de' Signori fiorentini era intorno a Piancaldoli, et egli con lo ingegno fece sì che i soldati vi entraron dentro per via di mine senza colpo di spada; e seguitando più oltre a certi castelli, fece la mala sorte sua che, volendo egli un giorno misurare alcune altezze in un luogo difficile, messe il capo fuori della muraglia per mandare un filo a basso, acciò potesse sapere l'altezza di quella; ma essendo egli mortalissimamente odiato dai nimici, che molto più temevano lo ingegno suo che le forze quasi degli adversarii, continovamente tenevano gli occhi adosso a lui solo. Per il che veduta questa opportunità, un prete con una balestra a panca gli trasse, e con un verettone lo colse nella testa sì fieramente che il povero Cecca di sùbito si morì. Dolse molto a tutto lo esercito et a' suoi cittadini il danno e la perdita che fecero nella morte di lui, ma non vi essendo rimedio alcuno, ne lo rimandarono in cassa a Fiorenza; e le sorelle sue in S. Pietro Scheraggio gli diedero onorata sepoltura, e sotto il ritratto suo di marmo fecero porre lo infrascritto epitaffio: FABRUM MAGISTER CICCA NATUS OPPIDIS VEL OBSIDENDIS VEL TUENDIS HIC IACET. VIXIT ANN. XXXXI MEN. IV DIES XIIII. OBIIT PRO PATRIA TELO ICTUS. PIAE SORORES MONIMENTUM FECERUNT MCCCCLXXXVIII.