PESELLO E FRANCESCO PESELLI pittori fiorentini
Rare volte suole avvenire che i discepoli de' maestri rari, se osservano i documenti di quegli, non divenghino molto eccellenti, e che, se pure non se gli lasciano dopo le spalle, non gli pareggino almeno e si agguaglino a loro in tutto, perché il sollecito fervore della imitazione con la assiduità dello studio ha forza di pareggiare la virtù di chi gli dimostra il vero modo dello operare. Laonde vengono i discepoli a farsi tali che e' concorrono poi co' maestri, e gli avanzano agevolmente, per esser sempre poca fatica lo aggiugnere a quello che è trovato. E che questo sia il vero, Francesco di Pesello imitò talmente la maniera di fra' Filippo che, se la morte non ce lo rapiva così acerbo, di gran lunga lo superava. Conoscesi che Pesello imitò la maniera d'Andrea dal Castagno; e tanto prese piacer del contraffare animali e di tenerne sempre in casa vivi d'ogni specie, che e' fece quegli sì pronti e vivaci che di quella professione non ebbe alcuno nel suo tempo che gli facesse paragone. Stette fino all'età di XXX anni 37 sotto la disciplina di Andrea, imparando da lui, e divenne bonissimo maestro. Fece nella via de' Bardi la tavola della cappella di Santa Lucia, la quale gli arrecò tanta lode che per la Signoria di Fiorenza gli fu fatto dipignere una tavola a tempera quando i Magi offeriscono a Cristo, che fu collocata a mez[z]a scala del loro palazzo; per la quale Pesello acquistò gran fama. Fece ancora alla cappella de' Cavalcanti in Santa Croce, sotto la Nunziata di Donato, una predella con figurine piccole, dentrovi storie di San Niccolò. E lavorò in casa de' Medici una spalliera d'animali molto bella, et alcuni corpi di cassoni con storiette piccole con giostre di cavalli. E veggonsi in detta casa fino al dì d'oggi di mano sua alcune tele di leoni i quali s'affacciano a una grata, che paiono vivissimi; et altri ne fece fuori, e similmente uno che con un serpente combatte; e colori in un'altra tela un bue et una volpe con altri animali molto pronti e vivaci. Fece ancora a Pistoia una tavola in S. Iacopo, la quale è molto diligentemente finita; e per la città sua una infinità di tondi che smarriti per le case d'i cittadini si veggono. Fu persona molto modesta, moderata e gentile, e sempre ch'e' poteva giovare agli amici, con amorevolezza e volentieri lo faceva. Tolse moglie giovane et èbbene Francesco detto Pesellino suo figliuolo, che attese alla pittura imitando gli andari di fra' Filippo infinitamente. Costui, se più tempo viveva, per quello che si conosce averebbe fatto molto più ch'egli non fece, perché era studioso nell'arte né mai restava né dì né notte di disegnare. Per che si vede ancora nella cappella del noviziato di Santa Croce, sotto la tavola di fra' Filippo, una maravigliosissima predella di figure piccole, le quali paiono di mano di fra' Filippo. Egli fece molti quadretti di figure piccole per Fiorenza; et in quella acquistato il nome, se ne morì d'anni XXXI. Per che Pesello ne rimase dolente, né molto stette che lo seguì, lasciando il mondo non manco pieno dell'opre che s'abbia fatto di nome. Visse in Fiorenza anni LXXVII; et insieme col suo figliuolo fu onorato poi di questi versi: SE PARI CIGNE IL CIELO I DUOI GEMELLI, TAL CIGNE IL PADRE E ‘L FIGLIO LA BELLA ARTE: CHÉ APPELLE FA DI SÉ FAMA IN LE CARTE COME FAN LE RARE OPRE A' DUOI PESELLI.