VITA DI GHERARDO miniatore fiorentino
Veramente che di tutte le cose perpetue che si fanno con colori, nessuna più resta alle percosse de' venti e dell'acque che il musaico. E ben lo conobbe in Fiorenza ne' tempi suoi Lorenzo Vecchio de' Medici, il quale, come persona di spirito e speculatore delle memorie antiche, cercò di rimettere in uso quello che molti anni era stato nascoso; e perché grandemente si dilettava delle pitture e delle sculture, non potette anco non dilettarsi del musaico. Laonde veggendo che Gherardo, allora miniatore e cervello soffistico, cercava le difficultà di tal magistero, come persona che sempre aiutò quelle persone in chi vedeva qualche seme e principio di spirito e d'ingegno, lo favorì grandemente; onde messolo in compagnia di Domenico del Ghirlandaio, gli fece fare dagl'Operai di S. Maria del Fiore allogazione delle cappelle delle crociere, e per la prima di quella del Sagramento dove è il corpo di S. Zanobi. Perloché Gherardo, assottigliando l'ingegno, arebbe fatto con Domenico mirabilissime cose, se la morte non vi si fusse interposta, come si può giudicare dal principio della detta cappella che rimase imperfetta. Fu Gherardo, oltre al musaico, gentilissimo miniatore, e fece anco figure grandi in muro; e fuor della Porta alla Croce è in fresco un tabernacolo di sua mano, et un altro n'è in Fiorenza a sommo della via Larga molto lodato; e nella facciata della chiesa di S. Gilio a S. Maria Nuova dipinse, sotto le storie di Lorenzo di Bicci dove è la consegrazione di quella chiesa fatta da papa Martino Quinto, quando il medesimo Papa dà l'abito allo Spedalingo e molti privilegii; nella quale storia erano molto meno figure di quello che pareva ch'ella richiedesse, per essere tramezzate da un tabernacolo dentro al quale era una Nostra Donna, che ultimatamente è stata levata da don Isidoro Montaguto, moderno spedalingo di quel luogo, per rifarvi una porta principale della casa, e statovi fatto ridipignere da Francesco Brini, pittore fiorentino giovane, il restante di quella storia. Ma per tornare a Gherardo, non sarebbe quasi stato possibile che un maestro ben pratico avesse fatto, se non con molta fatica e diligenza, quello che egli fece in quell'opera benissimo lavorata in fresco. Nel medesimo Spedale miniò Gherardo, per la chiesa, una infinità di libri, et alcuni per S. Maria del Fiore di Fiorenza, et alcuni altri per Matia Corvino re di Ungheria; i quali, sopravvenuta la morte del detto re, insieme con altri di mano di Vante e di altri maestri che per il detto re lavoravono in Fiorenza, furono pagati e presi dal magnifico Lorenzo de' Medici e posti nel numero di quelli tanto nominati che preparavano per far la libraria, e poi da papa Clemente VII fu fabricata et ora dal duca Cosimo si dà ordine di publicare. Ma di maestro di minio divenuto, come si è detto, pittore, oltre l'opere dette fece in un gran cartone alcune figure grande per i Vangelisti che di musaico aveva a fare nella cappella di S. Zanobi. E prima che gli fusse fatta fare dal magnifico Lorenzo de' Medici l'allogazione di detta cappella, per mostrare che intendeva la cosa del musaico e che sapeva fare senza compagno, fece una testa grande di S. Zanobi quanto il vivo; la quale rimase in S. Maria del Fiore, e si mette ne' giorni più solenni in sull'altare di detto Santo o in altro luogo come cosa rara. Mentre che Gherardo andava queste cose lavorando, furono recate in Fiorenza alcune stampe di maniera tedesca fatte da Martino e da Alberto Duro; per che, piacendogli molto quella sorte d'intaglio, si mise col bulino a intagliare, e ritrasse alcune di quelle carte benissimo, come si può veder in certi pezzi che ne sono nel nostro libro insieme con alcuni disegni di mano del medesimo. Dipinse Gherardo molti quadri che furono mandati di fuori, de' quali uno n'è in Bologna nella chiesa di S. Domenico alla cappella di S. Caterina da Siena, dentrovi essa Santa benissimo dipinta; et in S. Marco di Firenze fece sopra la tavola del Perdono un mezzo tondo pieno di figure molto graziose. Ma quanto sodisfaceva costui agl'altri, tanto meno sodisfaceva a sé in tutte le cose, eccetto nel musaico; nella qual sorte di pittura fu più tosto concorrente che compagno a Domenico Ghirlandaio; e se fusse più lungamente vivuto, sarebbe in quello divenuto eccellentissimo, perché vi durava fatica volentieri, e aveva trovato in gran parte i segreti buoni di quell'arte. Vogliono alcuni che Attavante, altrimenti Vante, miniator fiorentino del quale si è ragionato di sopra in più d'un luogo, fusse, sì come fu Stefano, similmente miniatore fiorentino, discepolo di Gherardo; ma io tengo per fermo, rispetto all'essere stato l'uno e l'altro in un medesimo tempo, che Attavante fusse più tosto amico, compagno e coetaneo di Gherardo che discepolo. Morì Gherardo essendo assai ben oltre con gl'anni, lassando a Stefano suo discepolo tutte le cose sue dell'arte. Il quale Stefano non molto dopo datosi all'architettura, lasciò il miniare e tutte le cose sue appartenenti a quel mestiero al Boccardino Vecchio, il qual minio la maggior parte de' libri che sono nella Badia di Firenze. Morì Gherardo d'anni 63, e furono l'opere sue intorno agl'anni di nostra salute 1470.